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[b]Autore: Gian Guido Vecchi[/b]

[b]La questione della reintroduzione (facoltativa) della liturgia romana in latino è molto delicata.
Non è chiaro, al momento, se la decisione comporti o meno la reintroduzione della preghiera del Venerdì Santo per la conversione degli ebrei (pronunciata solo in questa occasione).

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Tale preghiera sarebbe eventualmente reintrodotta nella sua versione emendata, che non contiene il riferimento ai "perfidi giudei" e alla "perfidia giudaica", ma conserva altre espressioni ("accecamento di quel popolo", "tenebre", togliere il" velo dai cuori") che certo non favoriscono il dialogo. Sembra comunque che la facoltà di celebrare la liturgia preconciliare non sia estesa al Triduo pasquale (Venerdì Santo, Sabato Santo e Domenica di Pasqua), almeno per i sacerdoti che celebrano da soli. L'espressione, utilizzata dall'agenzia stampa Apcom in un lancio, è ambigua e sembra lasciare aperta la possibilità che il permesso papale si estenda alle concelebrazioni del Triduo pasquale.

Ci chiediamo dunque come stiano realmente le cose. Il motu proprio del papa comporta o no la reintroduzione della preghiera per la conversione degli ebrei della liturgia preconciliare, sia pure emendata dai riferimenti ai "perfidi giudei" e alla "perfidia giudaica" che già erano scomparsi con papa Giovanni XXIII?

In attesa di questi chiarimenti, pubblichiamo l'intervista di Gian Guido Vecchi al rabbino capo emerito di Milano Giuseppe Laras, pubblicata dal CORRIERE della SERA del 10 luglio 2007:
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MILANO — «Ci ho creduto e ci credo ancora, al dialogo. Ci mancherebbe. Però questo è un colpo forte, si torna indietro. Molto indietro. Il motu proprio del Papa, la piena cittadinanza al Messale con la preghiera per la "conversione" dei giudei suona assai pericolosa. Anche se è facoltativa, può alimentare e incoraggiare l'antisemitismo: se li si vuole fare uscire dall'" accecamento", come dice il testo, significa che gli ebrei sono fuori dalla luce. E da lì alla storia dei deicidi il passo è breve». Il professor Giuseppe Laras, rabbino capo emerito di Milano nonché presidente dell'Assemblea rabbinica italiana, è quanto di più lontano da un "falco" si possa immaginare.
È una delle grandi anime dell'ebraismo italiano, docente di storia del pensero ebraico alla Statale, e ha passato la vita a favorire il confronto con i cattolici.
Arrivò a Milano come rabbino capo all'inizio del 1980, gli stessi giorni in cui faceva il suo ingresso come arcivescovo il cardinale Carlo Maria Martini. L'amicizia tra i due, i momenti di incontro e di meditazione biblica comune hanno portato Milano all'avanguardia del dialogo fra ebrei e cristiani. Non è insomma il tipo da soffiare sul fuoco. Per questo il suo allarme è tanto più importante. «Non spetta a noi approvare o criticare i documenti papali, ma credo sia consentito fare delle riflessioni ». Laras parla piano, medita parola per parola, sembra un po' scosso, «appena letto il testo, ho capito che non è una cosa da prendere alla leggera ».
Il problema è la ripresa decisa da Benedetto XVI del Messale romano in latino, seppure nella versione emendata nel 1962, e con esso la preghiera del Venerdì Santo, il giorno della Crocifissione e morte di Gesù. Eliminate le espressioni «perfidi giudei» e «perfidia giudaica», si prega tuttavia «per la conversione degli ebrei» e resta l'invocazione al Signore «perché tolga il velo dai loro cuori», come il riferimento all'«accecamento di quel popolo» e alle «tenebre» in cui si trova. E questo «è un passo indietro rispetto a Paolo VI, che aveva cancellato quei passi, e un passo indietro nel dialogo, c'è poco da fare», sospira il rabbino. Il pericolo è duplice: «Da una parte i cristiani potrebbero sentirsi incoraggiati a covare sentimenti antisemiti. Dall'altra si favoriscono coloro che hanno sempre remato contro il dialogo sia fra i cattolici sia fra gli ebrei. Un dialogo che era già
abbastanza delicato e fragile ». Laras, per parte sua, ne sa qualcosa: «Come fra i cristiani, anche nell'ambito dell'ebraismo ci sono componenti che non hanno mai creduto al confronto. Quelli che dicono:
Da qui alla storia dei deicidi il passo è breve. Così si torna molto indietro
è solo un artificio dei cattolici per attirare gli ebrei e convertirli. E ora arriva questo documento! Tanti sforzi, tanti anni a convincere le due parti ad avvicinarsi e adesso non si può più fare niente…». Obiezione: ma non è ovvio che ogni religione cerchi di affermare la propria verità? Non sarebbe ipocrita fingere il contrario? «Ma per carità, con questa linea conversionistica non si va da nessuna parte. Anzi, da una parte sì, specie di questi tempi: il fondamentalismo, le guerre di religione ». Non è questione di relativismo o meno, considera Laras: «L'atteggiamento di chi pensa che le fedi siano tutte uguali è un'altra faccenda. È chiaro che io affermi i miei convincimenti. Ma non posso usarli per cercare di imporre agli altri la mia fede. Per dire: sono un detentore della verità e voi non contate niente, siete nelle tenebre, vi faremo abbracciare la vera fede! Piuttosto, con molta diplomazia e dolcezza, cerco di mostrare agli altri la bellezza della mia fede. Ma gli inviti alla conversione, per carità…Senza contare che gli ebrei, sull'argomento, sono ipersensibili: e ne hanno ben donde…».
Così lo studioso Laras non capisce perché lo studioso Ratzinger abbia fatto questo. «Ho sempre detto e scritto che Benedetto XVI segue la linea di Giovanni Paolo II, in direzione del dialogo, e non ho cambiato idea. Per questo sono perplesso. Benedetto XVI è un teologo, un intellettuale, sa valutare le conseguenze. Capisco che il Papa volesse ricomporre la frattura con i tradizionalisti, è un grosso problema. Ma pensare di sanare quella ferita scavando nel rapporto tra ebraismo e cristianesimo è una mossa sbagliatissima. Se mi passa l'espressione sportiva, un autogol».
Ora la Chiesa dovrebbe chiarire: «Continuerò a lavorare per il dialogo. Quello vero, che non vuole eliminare le differenze dottrinali, ognuno rimanga nella propria fede!, ma guarda ai tanti punti che abbiamo in comune: la matrice biblica, gli interessi in direzione della pace, la lotta alle ingiustizie. Sono preoccupato e deluso ma penso si debba andare avanti. Però ci vuole un chiarimento: spieghino, ci spieghino. Soprattutto in questo momento, nel mondo, non c'è davvero bisogno di stimolare l'antisemitismo». Il rabbino Laras fa una pausa. E tira ancora un lungo sospiro: «C'è una massima dei maestri molto importante, che ricordo sempre anzitutto a me stesso. Dice: chi è la persona saggia? Colui che sa prevedere il futuro. Non significa scrutarlo come gli indovini, ma saper valutare ciò che dalle proprie azioni o parole potrà venire. Ecco: mai come in questo momento bisogna essere saggi».

 

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