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[size=14][b]Armi di sterminio di massa: Saddam le aveva[/b][/size]

[b]l'analisi di Fiamma Nirenstein
Da PANORAMA del 26 novembre 2007:
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L’odio anti Bush è stato in questi anni una specie di distintivo, una carta di identità di eleganza intellettuale, un diploma trendy di virtuoso pacifismo. Non è neppure il caso di ricordare quanto George W. Bush sia stato ritenuto un feroce, ancorché stupido, imperialista travestito pretestuosamente da soldato antiterrorista.

Ora però che la guerra in Iraq sembra a una svolta (circa il 75 per cento degli attacchi terroristici in meno, i sunniti che si decidono a pensare al futuro, la società civile in ripresa), e che pure quello che era il più fiero nemico dell’America, la Francia, trascina l’Europa verso nuove sponde, si riaffaccia un tema basilare dell’antibushismo professionale: le armi di distruzione di massa. Lo slogan «Bush lied, people died» («Bush ha mentito, la gente è morta») sarebbe proprio un falso. Un’organizzazione neutrale di ex ufficiali della sicurezza americana ha esaminato a fondo il tema, con conclusioni rivoluzionarie per l’opinione pubblica, ancorché naturali per chi sa che l’esistenza delle armi di distruzione di massa era stato certificata sin dagli anni 90 da precisi rapporti dell’Onu. Il problema non era se esistessero le fabbriche di botulino, di antrace e anche gli impianti atomici, ma dove fossero andati a finire.

Il gruppo IntelligenceSummit.org ha scavato negli archivi catturati dagli americani in guerra e ha prodotto un documento di 9 mila pagine con citazioni, interviste e foto; oggi lo si può leggere su Loftus Report. John Loftus è il presidente dell’IntelligenceSummit. Il rapporto spiega che un quarto delle armi di distruzione di massa furono demolite sotto pressione dell’Onu negli anni 90; Saddam Hussein ne vendette un altro quarto circa ai suoi amici arabi; e un altro quarto fu rimosso subito prima della guerra per insistenza dei russi. Il resto, ovvero le attrezzature e i materiali per le armi atomiche, era ancora in Iraq al tempo dell’attacco. Tutto era ammassato, sostiene il rapporto, in immensi magazzini subacquei sotto l’Eufrate, proprio sotto il naso degli americani, che con incredibile imperizia li hanno lasciati rubare e non hanno denunciato la contaminazione radioattiva di ufficiali Usa che erano venuti in contatto col deposito, serrato in mura di cemento sotto il fiume.

Oggi, secondo quello che sostiene Debka file, un sito privato di intelligence con base in Israele, gli israeliani pensano che le riserve di Saddam di uranio arricchito siano finite, insieme con plutonio nordcoreano, in un progetto per costruire le bombe sporche, supertossiche, che possono inquinare a morte qualsiasi sito per gli anni a venire. Debka ritiene che l’insieme del deposito di armi di distruzione di massa di Saddam a Deir al-Zour, in Siria, più la fabbrica di conio nordcoreano fossero il vero obiettivo dell’attacco aereo del 6 settembre scorso. Dice John Loftus, e dà la sua precisa collocazione del sito (longitudine 35 gradi, 16 minuti e 49,31 secondi nord; latitudine 40 gradi, 3 minuti e 29,97 secondi est), che cercando su Google Earth si può vedere la collocazione del deposito e della fabbrica, con i segni della rimozione completa di edifici e strade, spianati dalle bombe.

Di nuovo l’esercito americano non esce immune da colpe da questa analisi: non ha fermato, se tutta la ricostruzione è corretta, la fuoriuscita del plutonio e ha fallito nel pubblicizzare gli interrogatori. Per esempio, dice Loftus, quello di Abu Abdallah, un dissidente iracheno, che racconta che il 10 marzo 2003 50 camion arrivarono a Deir al-Zour carichi di «doni» di Saddam.

 

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