Sinceramente mi sono stufata di questi ebrei antisemiti che nascono come funghi tra gli intellettuali che sentono odore di soldi. Ne avevamo gia' un numero sufficiente, dagli ebrei israeliani comunisti, traditori, venduti, boicottatori, odiatori del loro paese agli ebrei della Gola' , altrettanto comunisti, traditori, venduti, calunniatori.

Abbiamo dovuto sopportare per anni un Ilan Pappe, calunniatore di professione, traditore per scelta spirituale, vigliacco nell'animo che continua il suo lavoro di odio dall'Inghilterra.
Abbiamo dovuto leggere le porcherie di Norman Finkelstein, amico di Hezbollah e dittatori vari. Brutto personaggio, che esprime il laidume della sua anima sfornando libri contro gli ebrei e contro Israele.
Gli ebrei traditori, come moltissimi scrittori e giornalisti gentili, hanno capito che a scrivere male di Israele si fanno un sacco di soldi e allora si buttano a pesce, senza remore, senza rimorsi, senza dignita', senza nessun freno morale.
I saggi Romani dicevano che pecunia non olet, cavolo certo che no, i soldi non puzzano neanche un po', purtroppo pero' puzzano le persone che li intascano siano essi ebrei o goyim , puzzano come carcasse di animali .
Adesso ne e' spuntato un altro, si chiama Jonathan Littell, e' nato da una famiglia di ebrei a New York, se intervistato nega di essere ebreo e ha scritto un libro sulla Shoa', argomento che tira sempre molto e assicura un inarrestabile fiume di soldi nel conto in banca.
Insomma Jonathan ha scritto un libro "le Benevole" in cui racconta, pare, perche' non l'ho letto ne' lo leggero': i miei soldi non contribuiranno a ingrossare il suo partafogli, di ammirare gli aguzzini e di disprezzare le vittime.
Fin qui, affari suoi, e peccato che non abbia provato sulla sua persona quanto fossero interessanti gli aguzzini SS, visto che suo padre non gli ha parlato della Shoa' in "maniera eccezionale".
Beh , la pera non casca mai lontano dal pero.
Affari suoi , il libro gli ha fatto vincere il premio Goncourt, probabilmente se avesse parlato dello sterminio degli Armeni elogiando la bestialita' dei turchi, non avrebbe preso un premio neanche a una festa di paese in Groenlandia.
La Shoa' tira, vero Jonathan? soprattutto se si insultano le vittime ma, ripeto, affari tuoi e della tua coscienza , nel caso ne avessi una.
Quello che mi ha fatto letteralmente andare fuori dai gangheri, pezzo di Jonathan, e' stata la tua intervista al quotidiano israeliano Ha'arez:
«Tutti ripetono “guardate cosa facevano i tedeschi agli ebrei prima della Shoah: gli tagliavano le barbe, li umiliavano, li costringevano a pulire le strade”. Non dico che si possa comparare… ma è esattamente quel che accade ogni fottuto giorno nei territori palestinesi».
Questo hai osato dire e questo ha fatto incazzare persino A.B.Yoshua, notoriamente pacioso e pacifico, perche' Jonathan tu non puoi scrivere bestialita' senza conoscere il problema.
Tu non puoi offendere l'intero popolo israeliano senza mai essere venuto in Israele, senza avere mai visto quello che succede tra israeliani e palestinesi, senza aver mai visto la testina di una bambina di tre anni spiaccicata contro una roccia dalle mani di un terrorista, senza aver visto una mamma e le sue quattro bambine ammazzate a bruciapelo, una a una, da un terrorista palestinese che aveva fermato la loro automobile.
Tu non puoi parlare cosi' e fare paragoni bestiali, senza essere mai stato a beccare un missile palestinese sulla testa a Sderot o nei kibbuz vicini.
Non puoi scrivere porcherie senza essere andato a trovare in ospedale Osher Tuito di otto anni, cui i terroristi hanno rubato una gamba e che pensa a come potra' andare in biciletta con una gamba sola.
Non puoi , Jonatahan come ti chiami, per me sei solo Jonatahan il laido con tutto il tuo Goncourt che puzza come il Nobel per la Pace ad Arafat, fare simili affermazioni senza aver mai visto il fumo di un autobus esploso e senza aver sentito l'odore di decine di corpi bruciati e non puoi parlare senza aver visto i nostri ragazzi, i nostri soldati rapiti dagli aguzzini e tenuti nel silenzio per anni, senza che le loro madri, figli e mogli sappiano se sono vivi o morti.
Non puoi farlo, capito Jonathan?
I nostri soldati difendono Israele dalle aggressioni di chi ci vuole tutti morti.
Hai capito Jonathan?
I nostri soldati non tagliano nessuna barba ma vengono uccisi dai nostri nemici e tagliati a pezzi.
E sono i nostri figli.
Capito Jonathan?
Cosa dici?
Come mi permetto, io scribacchina sionista e innamorata di Israele di darti del tu?
Mi permetto eccome perche' tu, Goncourt dei miei stivali, sei una miseria.
A.B. Yoshua, nella sua immensa bonta', dice che tu hai problemi di identita' col tuo ebraismo.
No, non sono d'accordo , tu hai problemi di identita' colla tua umanita', tu non sei un uomo, Jonathan, sei un pagliaccio.
Dicono che tu odi Gli Stati Uniti, tuo paese di nascita e che adori la Francia che ti ha dato la cittadinanza. E ti sei informato di cosa facevano i soldatini francesi in Algeria?Tipico, sei un pagliaccio opportunista.
In Israele il tuo libro va a ruba, anche questo e' tipico perche' questo e' un paese libero dove la censura non si sa cosa sia, dove la gente si diverte a discutere , dove ancora non credono che esistano ebrei antisemiti e dicono "lo nora' " "niente di grave" .
"Ognuno e' libero, dicono, ognuno puo' scrivere quello che vuole, sarebbe meglio che venisse a vedere come viviamo ma …lo nora' ".
E ridono. Ridono perche' sono stanchi di piangere e perche' quelli come te fanno ridere quando raccontano barzellette sul nazismo e sulla guerra eterna di Israele contro il terrorismo
Beh, io invece non mi diverto, mi sono stufata, posso capire una Morgantini che odia Israele, posso capire i vari giudici e magistrati italiani che vengono a tirar sassi contro i nostri ragazzi. Hanno bisogno di action e sono ideologicamente malati ma tu Jonathan non mi sembri un tipo pieno di ideologia, sei un cinico, uno che non crede in niente, che odia il paese in cui e' nato e odia il popolo da cui proviene rinnegandolo.
Fai schifo Jonathan Littel.
Ahhhh, adesso mi sento meglio!

[b]Deborah fait [/b]

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Da www.informazionecorretta.com

Sulla STAMPA di oggi, 08/06/2008, a pag.34, con il titolo " Israele come i nazisti ? Yehoshua contro Littell " . un titolo come sempre forzato, che non rispecchia il contenuto dell'articolo – un servizio di Francesca Paci sulla pubblicazione in Israele del controverso romanzo di Jonathan Littell " Le Benevole". Sembra che gli israeliani corrano a comprarlo, ma noi non vediamo il motivo di tanto stupore. Israele è un paese libero, dove la parola censura non esiste, se il libro di Littell è riuscito ad essere un best seller in tutti paesi nei quali è stato tradotto, non vediamo perchè lo stesso non debba accadere in Israele. Pensiamo a quanti giornalisti vi lavorano stabilmente, scrivendo su Israele accuse simili, senza che nulla accada. Continuano tranquillamente a disinformare come se nulla fosse. Israele è una democrazia forte , un paese dove gli editori scelgono i libri da pubblicare in base alle regole del mercato. E se l'argomento è controverso, meglio ancora, il libro si venderà di più. Che è quello che è sta accadendo con Littell. Poi, essendo la vita culturale molto vivace, ecco le critiche di A.B.Yehoshua, come avviene, vogliamo ripeterlo, in un paese senzà tabù e censure.
Ecco l'articolo:

Un ufficiale delle SS che racconta la Shoah nella lingua delle sue vittime è una bella provocazione» ammette Amir, il giovane commesso della libreria Akademon, nel cuore della Hebrew University di Gerusalemme. Le benevole, il discusso best seller di Jonathan Littell, è stato appena pubblicato in ebraico dalla Kinneret Zmora Dvir e va a ruba, soprattutto tra gli studenti. Trenta copie in meno di quarantott'ore. L'editore Dov Alfon, che un anno fa ha comprato i diritti dai colleghi francesi della Gallimard, non si è curato troppo delle possibili critiche dei connazionali. «Era importante che il romanzo uscisse in ebraico», spiega. Ma al voluminoso tomo intitolato Notot Hachesed, come la prima traduzione delle Eumenidi uscita in Israele quarant'anni fa, ha allegato un fascicoletto, The Polemic, con l'introduzione ai personaggi, le note dell'autore, le tappe della polemica che ha accompagnato il debutto del libro in Francia, Germania, Italia.
I lettori israeliani impiegheranno un po' di tempo a digerire le 900 pagine di dettagli sul backstage dell'Olocausto. A far scoppiare il caso, però, ha provveduto già l'intervista pubblicata dal quotidiano Haaretz nella quale Littell illustra la sua predilezione per i carnefici, «assai più interessanti delle vittime perché cambiano la realtà anziché subirla». E lascia intendere che, ironia macabra della Storia, gli eredi dei crimini nazisti del secolo scorso indossano oggi le divise dell'esercito israeliano: «Tutti ripetono “guardate cosa facevano i tedeschi agli ebrei prima della Shoah: gli tagliavano le barbe, li umiliavano, li costringevano a pulire le strade”. Non dico che si possa comparare… ma è esattamente quel che accade ogni fottuto giorno nei territori palestinesi».
Lo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua è arrivato in fondo all'articolo con le dichiarazioni raccolte a Berlino dal corrispondente di Haaretz Assaf Uni, si è tolto gli occhiali, ha respirato a fondo e ha cominciato a pensare una risposta. «Sono assolutamente sconvolto» dice alla Stampa. Passi per il libro, che ha cominciato a leggere da poco e tiene sulla scrivania dello studio nel suo appartamento a Haifa. L'argomento è ostico ma interessante: «È un lavoro molto serio, documentato, anche se non credo potrà svelarci più di quanto sappiamo già». Le opinioni dell'autore invece, l'hanno fatto infuriare: «È incredibile. Littell scrive delle peggiori atrocità naziste e poi si abbandona al paragone tra la Germania di Hitler e l'esercito israeliano. Dice che usiamo l'Olocausto a fini politici. Come se non sapesse che siamo in guerra mentre i tedeschi massacravano gente che non li combatteva. Come se ignorasse che la seconda Intifada ha fatto 4000 morti palestinesi e mille israeliani in 4 anni, lo stesso numero di vittime che le SS uccidevano in un'ora».
Secondo lo spagnolo Jorge Semprún, sopravvissuto a Buchenwald e membro della giuria che ha premiato Le benevole con il prestigioso Goncourt, «nei prossimi vent'anni ogni lavoro sull'Olocausto dovrà confrontarsi con il testo di Littell». Yehoshua è più preoccupato dal sottotesto: «L'idea che la politica d'Israele nei territori palestinesi sia giustificata dalla Shoah è assurda. Ho scritto mille volte contro l'occupazione ma lo sterminio di sessant'anni fa non c'entra nulla, è unico, imparagonabile, Littell lo sa». O almeno, mormora l'autore di Fuoco amico, «dovrebbe saperlo».
Jonathan Littell è nato nel 1967 a New York da una famiglia ebrea di origine russa emigrata negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo. Suo padre Robert, esperto di spionaggio, gli parlò dell'Olocausto ma «non in modo eccezionale». Lui comunque non si sente ebreo, ha rivelato ad Assaf Uni: «Mio padre dice che sei un ebreo perché le persone che vogliono ucciderti ti hanno definito tale. Be’, se uno stupido idiota vuole tagliarmi la gola chiamandomi ebreo questo non farà di me un ebreo». Il tono provocatorio e un po' snob che in Germania gli è valso la qualifica di dandy non impressiona Yehoshua: «Chiunque è libero di rinnegare le proprie radici. Trovo però bizzarro che in alcune interviste Littell si riconosca ebreo e in altre no». In quella di Haaretz intitolata «Killer instinct», istinto omicida, pare voglia a tutti i costi scandalizzare il lettore israeliano: «È chiaro che Littell ha un problema con la sua identità religiosa e culturale, basta guardare come racconta il protagonista del romanzo, senza rimorsi, senza rimpianti, senza catarsi. Dal punto di vista letterario è ineccepibile, da quello psicologico un po' meno».
Una ragazza esce dalla libreria Akademon con Notot Hachesed sotto il braccio. Sa che l'autore ha definito Israele un Paese paranoico? Sorride: «Infatti facciamo la fila per comprare il suo libro»


Altre notizie sull'autore: Con il suo bestseller
ha vinto il Goncourt

Jonathan Littell era un caso già prima di pubblicare, due anni fa da Gallimard, Les bienvieillantes, il suo monumentale romanzo d’esordio. Americano di New York, nato il 10 ottobre 1967, detesta gli Stati Uniti e si sente francese, tanto da scrivere nella lingua dell’Esagono e da ottenerne, qualche mese fa, la cittadinanza (sebbene adesso viva a Barcellona). Les bienvieillantes (tradotto da Einaudi, Le benevole) racconta in prima persona la storia di Max Aue, orribile e seducente ufficiale delle SS, un cattivo non pentito e soddisfatto della violenza ribollente in cui è immerso. Previsto in una tiratura iniziale di appena 5 mila copie, il discusso romanzo, grazie anche al traino delle polemiche, si è rivelato un clamoroso successo di vendite, ottenendo inoltre due importanti riconoscimenti come il Gran Prix du Roman de l'Accademie Française e il Goncourt.

 

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