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[b]Europa 9 gennaio 2009 pag 1/ 6
di Sergio D'Elia, Segretario di Nessuno Tocchi Caino dirigente dei radicali
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La vigilia di Natale non ha segnato solo l'inizio della guerra a Gaza, è
stato anche il giorno in cui il parlamento palestinese a Gaza controllato
da Hamas ha votato a larghissima maggioranza una nuova norma penale
presentata dal governo di Ismail Haniyeh.

Una norma che, in linea con la sharia, prevede punizioni come impiccagione
e crocifissione. La nuova legge, inoltre, prevede all`articolo 84 «non
meno di 40 frustate e 3 mesi di carcere al musulmano che produce, detiene
oppure consuma bevande alcoliche», oltre al «taglio della mano destra
all'altezza del polso per chiunque commetta il reato di furto». «Gioco
d`azzardo, diffamazione, insulto, atti osceni in luogo pubblico», sono tra
i reati condannati con la fustigazione. Non si sa per quali reati i
deputati islamici vogliano la crocifissione.

Dall`inizio del 2008, dodici persone sono state condannate a morte
nell`Autorità palestinese compreso un giovane che avrebbe commesso il
reato da minorenne. Sette delle dodici condanne capitali, tutte per
collaborazione con Israele, sono state emesse da tribunali militari,
contrariamente all'impegno assunto da Abu Mazen nel 2005 di trasferire
tutti i processi capitali in tribunali civili. Due dei processi capitali,
svoltisi nei tribunali militari di Jenin ed Hebron, sono durati un solo
giorno.

È questa la forma di stato che i fautori della soluzione politica «due
popoli, due stati» vogliono sia instaurata in Palestina?

Il voto dell`Onu per la moratoria universale delle esecuzioni capitali non
ha segnato solo l`inizio della fine dello stato-Caino, ha segnato anche il
superamento del principio ottocentesco della sovranità assoluta dello
stato-nazione, e questo è forse il significato politico più importante del
voto al Palazzo di vetro. Nel respingere tutti gli emendamenti sulla
«sovranità interna», le Nazioni unite hanno infatti affermato il primato
del diritto umano, civile e politico della persona rispetto al potere
assoluto degli stati, ma anche rispetto al luogo comune della
autodeterminazione dei popoli che è la formula retorica e ipocrita con cui
di solito si legittimano e giustificano regimi illiberali.

Le indipendenze nazionali sono state sempre cause strutturali di conflitti
e guerre, hanno costituito una minaccia alla pace e alla sicurezza
mondiale, oltre che, al proprio interno, alla vita, alla libertà, alla
sicurezza dei cittadini. Come pure i movimenti di indipendenza nazionale,
ispirati dal principio della sovranità assoluta dello stato-nazione, si
sono rivelati storicamente delle illusioni tragiche, origine di nuovi
regimi illiberali e causa di nuovi conflitti e guerre.

Il «diritto alla libertà e alla democrazia» – e la nonviolenza come metodo
per affermare tale diritto – e non il «diritto a uno stato nazionale
qualunque esso sia», mi pare essere questo il punto fondamentale. Invece,
anche in questi giorni per Gaza, si discute solo di «tregue» e
«trattative» che si risolveranno, bene che vada, nel tempo che si è perso
tra una guerra e l`altra e non nel tempo che si è guadagnato per
realizzare una alternativa strutturale di pace alle illusioni nazionaliste
da un lato e a quelle militariste dall`altro. I palestinesi hanno il
diritto a non vedersi imposta una qualsivoglia forma di stato che non sia
espressione e forza dei loro diritti umani, politici, civili, sociali e di
coscienza. Gli israeliani vanno salvati, anche da sé stessi,
dall'illusione sostanzialmente nazionalistica che la sicurezza di Israele,
il cui territorio consiste solo nello 0,2 per cento dell`intera area e i
cui abitanti sono appena lo 0,8 per cento della popolazione mediorientale,
possa essere garantita dal suo esercito.

Occorre dare a Israele la prospettiva, la forza e la tutela dell`essere e
sentirsi parte di uno spazio politico e giuridico sovranazionale, di una
comunità non di sei milioni ma di mezzo miliardo di persone come può
essere quella europea. Anche perché non vediamo l`alternativa,
l`attendibilità di un progetto concreto o la semplice visione del governo
italiano e dell`Unione europea sul Medioriente, al di là della retorica
stucchevole «pace, pace, pace» e della formula ingannevole «due popoli,
due stati», pericolosa non solo per Israele, ma anche per i palestinesi.

Marco Pannella, con il suo Satyagraha per la Pace e a partire dalla
formula "Israele nell`Unione europea", un progetto strutturale di pace per
il Medioriente e che offre anche una "visione", una prospettiva
democratica, federalista ed europea a tutta la sponda sud del
Mediterraneo, lo ha presentato.

Non si risponda, come per il progetto "Iraq Libero" attraverso l`esilio di
Saddam rivelatosi poi tutt'altro che inattendibile: «bel progetto, peccato
che manca la firma di Israele». Il sondaggio più recente mostra che il 75
per cento dei cittadini israeliani vuole l`ingresso di Israele nell`Unione
europea. La classe dirigente di Israele non si fida (e non ha tutti i
torti) di questa «Europa delle patrie» che ha letteralmente distrutto il
sogno spinelliano ed ernestorossiano della «Patria europea», eppure il
solo annuncio di «Israele in Europa» vanificherebbe, rendendole
semplicemente ridicole, le minacce di Hamas, Hezbollah e del loro
ispiratore iraniano sulla cancellazione dello stato ebraico dalla faccia
della terra.

 

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