Fonte:

[b]Testata:Il Foglio – La Repubblica – La Stampa
Autore: La redazione del Foglio – Jean Daniel – Franco Frattini
Titolo: «Teheran prepara 'proposte' sul nucleare – Il mondo islamico e la svolta di Obama – La svolta nucleare»[/b]

Ahmadinejad ha dichiarato di avere delle proposte per i Paesi occidentali per risolvere la questione del nucleare. Per ora leggiamo (solo sul FOGLIO) che, secondo l'agenzia Fars, l'Iran sta progettando vettori a lunga gittata per mandare in orbita "satelliti più grandi". Se queste sono le proposte … L'amministrazione Obama non si rende conto che la strategia del dialogo con gli integralisti islamici non dà risultati? Si veda la Cartolina da Eurabia di Ugo Volli di oggi tutta dedicata a questo argomento.
Riportiamo dal FOGLIO la notizia in prima pagina dal titolo " Teheran prepara 'proposte' sul nucleare ", dalla REPUBBLICA, a pag. 30, l'articolo di Jean Daniel dal titolo " Il mondo islamico e la svolta di Obama " preceduto dal nostro commento e dalla STAMPA, a pag. 1-39, l'articolo di Franco Frattini dal titolo " La svolta nucleare ". Ecco gli articoli:

Il FOGLIO – " Teheran prepara 'proposte' sul nucleare "

Teheran prepara “proposte” sul nucleare. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha annunciato un “pacchetto di proposte” per risolvere il contenzioso con i paesi occidentali sul nucleare. Ahmadinejad ha aggiunto di essere pronto per “un nuovo rapporto” con gli Stati Uniti. Secondo l’agenzia Fars, il presidente ha rivelato che l’Iran sta progettando vettori a lunga gittata per mandare in orbita “satelliti più pesanti” di quelli usati sinora.
La REPUBBLICA – Jean Daniel: " Il mondo islamico e la svolta di Obama "

Jean Daniel, cieco di fronte ai pericoli che corrono Israele e occidente se l'Iran non interromperà il suo programma nucleare, elogia Obama per la sua politica nei confronti dell'Islam fondamentalista.
" Con quest´ultima espressione: «sono uno di loro», Barack Obama ha proclamato la sua volontà di farla finita con la minaccia di scontro tra civiltà cara a Samuel Huntington, o con le profezie di uno studioso dell´Islam come Bernard Lewis, schierato con i turchi contro i curdi, fautore della guerra contro l´Iraq, che non vede alcuna ragione di porre fine al conflitto tra cristiani a musulmani in atto da undici secoli. " Bernard Lewis si limita a descrivere lucidamente e razionalmente la situazione fra occidente e integralismo islamico. Il conflitto c'è e, contrariamente a quanto crede Daniel, Lewis non se ne rallegra. Lo scontro di civiltà non è una "minaccia" di Samuel Huntington, ma la realtà. Ecco l'articolo:

Ho scritto la settimana scorsa che i potenti dell´economia di mercato avevano fatto in modo di «cambiare tutto affinché nulla cambi». Non potrei certo fare la stessa osservazione sui nuovi rapporti che il presidente americano ha deciso di intrattenere con l´islam. È una svolta reale e profonda, un cambiamento della mentalità occidentale e della configurazione geopolitica. A mio parere, un evento considerevole.
Indubbiamente, dalle parole e dagli scritti di Barack Obama, fin da quando era senatore dell´Illinois, poi candidato del partito democratico e infine nuovo presidente degli Stati Uniti, si potevano intuire quelle che sarebbero state le sue scelte politiche fondamentali. Era già apparsa chiara la sua volontà di presentare al mondo un volto radicalmente diverso degli Stati Uniti, ponendo fine alle guerre in Iraq e Afghanistan e ai conflitti in Medio Oriente. E inoltre era deciso a respingere, nella sua lotta contro il terrorismo, lo spirito di crociata che portava a stigmatizzare non solo l´islamismo radicale, ma l´islam nella sua totalità. Tutto questo, lo ha confermato nettamente nel corso della sua visita all´Ankara.
Perché questa scelta della Turchia? Innanzitutto, questo Paese fa parte della Nato e desidera entrare nell´Unione europea, confermando così la propria aspirazione a integrarsi nell´Occidente. Poi perché confina con l´Iraq e con l´Iran, e potrebbe avere un´influenza su entrambi. E perché grazie ai suoi rapporti pacifici con Israele, ha potuto facilitare i negoziati con i siriani, e potrà aiutare gli Stati Uniti a esercitare pressioni sia su Hamas che sui nuovi dirigenti israeliani. Infine, perché questo Paese musulmano è anche un Paese laico: il suo eroe Mustafa Kemal è stato comparato ad Abraham Lincoln da Barack Obama, che li vede entrambi come liberatori.
Questi i temi presenti nei discorsi, notevoli per profondità di pensiero, tenuti da Barack Obama davanti al parlamento turco e in occasione della sua visita alla moschea di Santa Sofia. Il successore di George W. Bush si è peraltro concesso il piacere di una rivalsa, ricordando come la Turchia avesse scelto liberamente la democrazia, senza bisogno che qualcuno gliela imponesse (sottinteso: come in Iraq).
Questa strategia geopolitica volta radicalmente le spalle al manicheismo di concetti quali «asse del male» o «Stati canaglia», suscettibili di condurre a comportamenti interventisti, o anche, per essere più precisi, di giustificare una guerra preventiva contro l´Iran. Non dimentichiamo che tuttora, in Israele e in taluni ambienti americani, un´eventualità del genere non viene affatto esclusa. Anche se frattanto gli iraniani hanno accettato l´invito americano a partecipare alla «Conferenza dei sei» sulla proliferazione nucleare.
Questo giro di boa non ha affatto il significato di una propensione più o meno pronunciata ad abbassare la guardia davanti a eventuali risposte provocatorie da parte di Paesi ai quali si è offerta la pace; ma comporta che non si prendano più alla lettera, ad esempio, gli incitamenti iraniani alla distruzione di Israele, o le fantasmagorie dei Taliban quando ingiungono agli Usa di lasciare l´Afganistan. La proclamata riconciliazione con l´Islam schiude agli Stati Uniti la possibilità di inserirsi nella politica interna dei singoli Stati musulmani, per favorire in essi le forze di pace.
Barack Obama ha potuto così permettersi di consigliare ai turchi di riconciliarsi con gli armeni � pur senza esortarli a riconoscere il genocidio; e di invitarli a fare passi avanti nelle aperture verso i curdi, o a favorire a Cipro un ravvicinamento tra le popolazioni turca e greca. Il presidente americano ha fatto appello al premier turco Recep Tayyip Erdogan affinché lo aiuti a conseguire due obiettivi prioritari in Medio Oriente: l´unità tra Hamas e l´Autorità palestinese, e l´insediamento di uno Stato palestinese accanto allo Stato di Israele.
«Vorrei dire con chiarezza», ha detto ad Ankara Barack Obama, «con la maggior chiarezza possibile, che gli Stati Uniti non sono e non saranno mai in guerra contro l´Islam. Di fatto, il nostro partenariato con il mondo musulmano è cruciale. (…) Noi ascolteremo con grande attenzione, dissiperemo i malintesi, troveremo terreni comuni. Saremo rispettosi anche quando non saremo d´accordo. (…) Gli americani musulmani hanno arricchito gli Stati Uniti. Molte famiglie americane hanno componenti musulmani; e molti americani hanno vissuto in Paesi a maggioranza musulmana. Io lo so bene, semplicemente perché sono uno di loro».
Con quest´ultima espressione: «sono uno di loro», Barack Obama ha proclamato la sua volontà di farla finita con la minaccia di scontro tra civiltà cara a Samuel Huntington, o con le profezie di uno studioso dell´Islam come Bernard Lewis, schierato con i turchi contro i curdi, fautore della guerra contro l´Iraq, che non vede alcuna ragione di porre fine al conflitto tra cristiani a musulmani in atto da undici secoli.
Trascinato dal suo slancio, Barack Obama non si è chiesto se l´integrazione della Turchia nell´Unione europea fosse o meno una questione da lasciar decidere agli europei, che hanno pur sempre qualche motivo per preoccuparsi della loro identità, qualora venisse estesa a 76 milioni di musulmani turchi. Molto probabilmente, nell´ottica di Obama un po´ di islam in più in Europa offrirebbe il vantaggio di far arretrare di un tanto la minaccia del conflitto tra civiltà. Non si è chiesto neppure se non fosse rischioso esortare Anders Fogh Rasmussen, l´ex presidente danese candidato alla segreteria generale della Nato, a scusarsi coi turchi per aver permesso ai suoi concittadini di farsi beffe (con le ben note caricature su Maometto) di alcuni aspetti della religione islamica. È stato senza dubbio un modo per permettere a Erdogan di salvare la faccia davanti ai suoi alleati islamici. Resta il fatto che quest´islamofilia di Barack Obama, a otto anni dalla distruzione delle torri di Manhattan, è a mio parere uno dei maggiori avvenimenti di questi ultimi quindici anni.

La STAMPA – Franco Frattini : " La svolta nucleare "

L'articolo del Ministro degli esteri affronta il problema del nucleare. Avremmo preferito parole più chiare di quelle contenute in questo riassunto. Che farà l'Italia se l'Iran andrà avanti con la bomba nucleare ? Frattini, paragonato alla Clinton è un gigante, ma anche i giganti devono far capire ai propri cittadini quale futuro li attende. E quali scelte verranno fatte.

La proliferazione delle armi di distruzione di massa, in primis quelle nucleari è la principale minaccia alla nostra esistenza nel XXI secolo. Abbiamo avuto difficoltà ad accorgercene, avendo vissuto per quasi mezzo secolo sotto la prevedibilità della deterrenza bipolare. A vent’anni dalla fine della Guerra fredda questo scenario è però totalmente cambiato.
In un contesto di estrema fluidità ed imprevedibilità dei rapporti internazionali il nuovo multipolarismo economico e politico rischia oggi di essere accompagnato da un crescente «multipolarismo nucleare», che se non verrà tempestivamente contenuto e sufficientemente regolato, rischia di mettere a repentaglio la sicurezza dell'umanità. Tanto più che la corsa al nucleare si manifesta con maggiore intensità proprio in quelle aree dove le tensioni internazionali sono maggiori, dal Golfo all’Estremo Oriente asiatico.
Un mondo ad alta densità di Stati nucleari, anche se dotati di arsenali limitati e non comparabili a quelli delle due ex superpotenze, sarebbe caratterizzato dall’imprevedibilità e dall’incertezza sul nostro domani. E ciò anche perché la proliferazione nucleare non interessa più esclusivamente gli Stati.
Nel mondo di oggi, centrifugo ed interdipendente allo stesso tempo, è diventato più facile per individui, gruppi terroristici ed attori non statali impossessarsi clandestinamente di materiale utilizzabile per la fabbricazione di armi nucleari.
Cosa si può fare per arginare questa minaccia che ci riguarda tutti? Deve cambiare innanzitutto la nostra impostazione al problema della proliferazione: non possiamo agire più «caso per caso» e in maniera reattiva di fronte alla minaccia di questo o quel Paese che dichiara di voler sviluppare capacità nucleari sfidando o insinuandosi nelle maglie del regime normativo internazionale esistente, il Trattato di Non Proliferazione (Tnp), definito oltre quarant’anni fa, in un contesto storico assai diverso da quello attuale. C’è bisogno di rafforzare ed universalizzare il regime normativo multilaterale che fa capo al Tnp, adattandolo alla realtà complessa del XXI secolo. In particolare abbiamo bisogno di compiere più chiari e coraggiosi passi in avanti in tutti e tre i settori che compongono il Tnp: la non proliferazione, il disarmo e l’uso pacifico dell'energia nucleare.
Innanzitutto, essendo oggi diventato più facile proliferare, le regole del Tnp devono essere rese più rigorose e i poteri di controllo ed ispettivi dell’Aiea, l’Agenzia di supervisione nucleare, rafforzati. È a tal fine necessario rendere universali i Protocolli Aggiuntivi dell’Aiea, i quali aumentano la capacità di verifica dell’Agenzia e, quindi, riducono il rischio che materiale e tecnologie nucleari vengano dirottati a fini militari. Dopo il precedente nordcoreano del 2003, bisognerà anche studiare un regime di salvaguardie che possa sopravvivere all’eventualità in cui uno Stato decida di ritirarsi unilateralmente dal Tnp. In secondo luogo in un mondo dove aumentano le esigenze da parte di un maggior numero di Paesi di utilizzo dell’energia nucleare, sia per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici che per rendere il consumo di energia compatibile con gli standards ambientali, c’è l’esigenza di creare meccanismi multilaterali affidabili, che governino la produzione e distribuzione del combustibile nucleare. La creazione di una banca internazionale del combustibile nucleare, posta sotto il controllo dell’Aiea, risponderebbe a queste esigenze. Infine, occorre che regole e strumenti per prevenire la proliferazione siano accompagnati da un impegno condiviso delle attuali potenze nucleari a procedere gradualmente sulla strada del disarmo, in quello che era nello spirito e nella lettera (l’art.VI) del Tnp.
La svolta annunciata dalla nuova amministrazione americana e dal presidente Obama nel suo discorso a Praga il 5 aprile scorso ha creato una storica finestra di opportunità che è responsabilità di tutti cercare di cogliere. L’entrata in vigore del Ctbt, il Trattato contro gli esperimenti nucleari, e l'avvio del negoziato per un Trattato che proibisca in maniera verificabile la produzione di materiale fissile sono i punti di partenza di qualsiasi credibile sforzo verso il disarmo. L’altra condizione indispensabile, dove da parte americana sono emersi nuovi segnali incoraggianti, è il rilancio del negoziato tra Stati Uniti e Russia per definire un regime «post-Start» (il Trattato Start scadrà nel dicembre di quest’anno) con una drastica riduzione del numero di testate nucleari in possesso di ciascuna delle due potenze. Infine, condizione indispensabile per un disarmo credibile, è che vi siano analogo impegno e volontà politica anche da parte delle altre potenze nucleari.
L’Italia, in quanto Presidente del G8, ed in sintonia con i principi della Strategia contro la proliferazione dell'Unione Europea, intende incoraggiare attivamente la creazione di un contesto favorevole per giungere a progressi significativi in tutti i tre settori del Tnp, anche in vista della Conferenza di Riesame del Trattato, che prenderà avvio nell'aprile del 2010. Non possiamo l'anno prossimo permetterci un nuovo fallimento come quello testimoniato nella Conferenza di Riesame del 2005. Riteniamo sia necessario, in vista della Conferenza del 2010, mobilitare le energie di governi, esperti e società civile per creare la necessaria massa critica di consenso internazionale per realizzare una svolta sul tema del nucleare. La Conferenza che si svolge da oggi a Roma con la partecipazione di uomini politici di grande fama internazionale, tra i quali l'ex Segretario di Stato Schultz ed il presidente Gorbaciov si propone di dare ulteriore forza e chiarezza alla nostra visione di un mondo sicuro ed il più possibile de-nuclearizzato. L'incontro di Roma ha l'obiettivo di approfondire il dialogo sulla prospettiva di un mondo libero da armi nucleari e sui passi concreti necessari per realizzarla. Sarà una tappa importante verso il Vertice della Maddalena dove è nostra intenzione promuovere al massimo livello l'impegno politico dei governi del G8 sulla non proliferazione.

 

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