[b]di Davide Romano
Pubblicato su La Repubblica – Milano del 14 ottobre 2009[/b]

Dopo il recente attentato alla caserma Santa Barbara chiedo alle istituzioni una risposta efficace: siano finalmente aperti luoghi di culto islamici nella nostra città. Lo chiedo in quanto segretario dell’associazione Amici di Israele e quindi come possibile obiettivo del terrorismo islamico, viste le nostre attività culturali e politiche a favore dello Stato Ebraico. E’ una richiesta che faccio in nome della libertà, ma anche della sicurezza.

So che non tutti saranno d’accordo con me. So che saranno in diversi a chiedermi: ma come? proprio tu, sionista, dopo quell’attentato chiedi luoghi di culto per i musulmani?. A tutti risponderò che sì, proprio io, filoisraeliano fino all’osso, devo essere il primo a difendere i diritti dei miei cugini musulmani. Non potrei fare altrimenti: è una scelta basata principalmente su due motivazioni. La prima è proprio la mia vicinanza ad Israele, dove i musulmani dispongono di numerose moschee presso cui pregare. Contrariamente a quanto pensano taluni lo Stato Ebraico è una grande democrazia, capace di non cancellare le libertà fondamentali dei propri cittadini musulmani neppure di fronte all’orrore più vigliacco: quello del terrorismo islamico, che pure ha massacrato nelle maniere più terribili migliaia di civili israeliani. La seconda motivazione è invece relativa alla sicurezza. Davvero qualcuno – qui a Milano – pensa di aver trovato la formula magica per fermare il terrorismo islamico nel vietare le moschee? La comunità islamica è presente numerosa nella nostra città, e anche se non si apriranno luoghi di culto i fedeli musulmani – soprattutto i più fanatici – si ritroveranno comunque da altre parti, in luoghi magari meno conosciuti alle forze dell’ordine e quindi con minori controlli. E’ questo che deve farci paura: un islam senza regole come quello attuale, dove chiunque si può improvvisare imam e predicare integralismo. Proprio per questo è indispensabile che finalmente si giunga ad un registro degli imam che garantisca la loro preparazione e i contenuti dei loro insegnamenti. L’islam non è come il cattolicesimo, dove esiste un Papa che detta la linea da Roma. Ciascuna moschea fa storia a sé, tanto più in assenza di controlli. Proprio per questo è necessario coinvolgere le varie comunità islamiche in attività di integrazione che vadano dall’alfabetizzazione alla questione femminile, e fare proprio dei luoghi di culto islamici il centro di tale politica. Solo così aiuteremo i moderati ad emergere, limitando il pericolo dell’integralismo. Per questo, con la bandiera di Israele in mano, dico sì ai luoghi di culto islamici a Milano.

 

2 Responses to IO, AMICO DI ISRAELE, DICO SÌ AI LUOGHI DI CULTO ISLAMICI

  1. Admin ha detto:

    Sono allibito! Parvus condivide le intenzioni. Entrambi siete figli (come me) di una cultura giudaico cristiana inserita in un contesto greco-latino che con tanta difficoltà ha prodotto la nostra civiltà. Purtroppo i musulmani non la condividono e concedere l'ora di religione (ma l'islàm è una religione?) non serve assolutamente a calmare questa minoranza facinorosa, serve solo a dimostrare a loro che hanno ragione e che noi ci inchiniamo alla loro superiore civiltà.

    La posizione di Davide Romano, come quella di Fini, nasce da una colpevole superficialità e da una profonda e ancora più colpevole ignoranza dell'islàm. Chi non ha letto il Corano (da cui deriva la Carta Costitutiva di Hamas, che pochissimi hanno letto) chi non conosce la sunna dovrebbe avere il buon gusto di stare zitto.

    A tutti coloro che hanno queste belle idee, consiglio la lettura di qualche pezzo che ho pubblicato sul mio sito, "islàm, questo sconosciuto" (http://www.webalice.it/pvmantel/index.html), non per farmi propaganda, ma perché le persone che non lo conoscono si possano istruire.

    Sul sito trovate tutto il Corano in Italiano (traduzione di Hamza Piccardo) con un commento esplicativo di tutte le sure, una sintetica guida alll'islàm: "islàm 101" e tra i Documenti: la Carta di Hamas e la Dichiarazione del Cairo sui diritti civili nell'islàm oltre a un opuscolo in Italiano (Conoscere l'islàm) di un famoso pensatore musulmano del ventesimo secolo, il Pachistano maulana Abu l A'la Maududi, che val la pena leggere. Chi non conosce queste cose non può parlare di islàm, perché se non conosce queste cose non sa cosa è il NASKH o principio di abrogazione o cosa significa taqiyya (c'è un articolo in proposito nella sezione traduzioni) oltre molte altre cose.

    Se non si conoscono queste cose si rischia anche di credere a tutte le fandonie raccontate da Barak Hussein Obama al Cairo solo per blandire il suo uditorio islamico. Si lamentava dei falsi stereotipi dell'islàm, ma lui ha usato solo quelli, come dimostrato in numerosi saggi presenti anche sul mio sito.

    Il tragico è che le persone non hanno la voglia, il tempo, o l'interesse di leggere queste cose, spesso noiose, rimangono ignoranti, ma si sentono autorizzate a sputare sentenze come ha fatto Davide in questa occasione.

    Mi è sempre sembrato una persona ragionevole e corretta, ma oggi mi ha profondamente deluso. Se crede posso discutere con lui l'argomento, magari in pubblico tra i soci di ADI e vediamo chi tra i due è più ragionevole o più credibile.

    A proposito, per chi non lo avesse ancora fatto, vi segnale un editoriale di Daniel Pipes, che mi pare abbastanza in tema:

    http://it.danielpipes.org/7694/accordi-di-pace-addio

    Senza offese per nessuno, ma quando una posizione mi pare un madornale e pericoloso errore, lo dico, pronto a ricredermi se qualcuno mi dimostra che sbaglio. Ma fino a quel momento continuo a pensare che Davide ha scambiato un suo pio desiderio, condivisibile (oggi si direbbe wishful thinking) per realtà. Un famoso detto dice che "chi vive sognando, muore …"

    A proposito, perché nessuno ha mai pensato di proporre un'ora di religione Ebraica?

    Paolo Buraq Mantellini (alias Abu Lahab, Corano, Sura 111)

  2. Admin ha detto:

    Condivido le intenzioni.
    Ma non le conclusioni.
    Ogni moschea, finché non si deciderà di monitorarle, di obbligare alle prediche in Italiano con espulsione di chi viene nella nostra terra a predicare di sottometterci; sarà sempre un luogo di propaganda per fanatici.
    Fino a che non sono arrivate le moschee, problemi interni con gli islamici non ne abbiamo Mai avuti.

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