[b]La recensione di Daniela Cohen
Visto il 24/11/2009 a Milano (Mi) Teatro: Parenti[/b]

L'autore di questo testo, [b]Ilan Hatson[/b], è nato in Israele nel '64 e oggi ha 45 anni, ma [b]Masked[/b] lo ha scritto nel 1990, quasi vent'anni fa. Cosa fa di questa opera un piccolo gioiello, quasi un capolavoro? Il fatto che la cronaca resti fuori da tutta la storia, per quanto ovviamente ne abbia reso possibile l'esistenza.

Perché qui non si parla di soldati, vincitori e vinti, di forti e deboli, ma di esseri umani appartenenti a una medesima famiglia e precisamente a tre fratelli che vivono in modi completamente diversi. Uno fa il guerrigliero sulle montagne, il maggiore lavora e tiene famiglia ma a Tel Aviv, fra i 'nemici', che però lo pagano e gli permettono di mantenere anche la madre e i parentii che stanno nei territori palestinesi. Poi c'è un ragazzino, il più giovane, che fa il garzone della macelleria in cui si svolge tutto l'incontro e l'intera scena, in un solo atto.

Il talento di Hatson, confermato da un grande successo riservato al tour mondiale di questo spettacolo, che in Isrele ha vinto il primo premio all'Israel Fringe Theater Festival di Acco, consiste nel porsi con una tale forza d'impatto emotivo da andare oltre il senso del tempo e portarsi sullo stesso livello di una delle più note tragedie del teatro dell'umanità intera. C'è il sospetto, il tradimento, la paura, l'affetto, la dignità e l'orgoglio, la passione e l'indifferenza, la pavidità e l'ostentazione di un coraggio che ormai è solo una maschera. Tra i due fratelli maggiori che si confrontano coi loro diversi valori nei confronti della vita emerge la pulizia autentica del più giovane, che vorrebbe solo salvare i propri fratelli da ogni pericolo, dalle guerre, dalle vendette e dalla follia umana. Sarà lui, proprio lui, in un impeto di dignità, a portare a termine il dramma gravissimo che si è innescato nel momento in cui tutte le verità, per tanto tempo nascoste, emergono alla luce di parole mai dette prima.

Alla fine, pagano tutti la loro miseria umana. L'amore per la famiglia è sommerso dal senso di un onore che nessuno può più comprendere. Magistrale, un vero pugno nello stomaco, interpretato in modo straordinario dal giovane Michele De Girolamo, da Fabio Pappacena e Massimiliano Mecca, tutti e tre totalmente calati nella parte. Eccellente la traduzione di Maddalena Fallucchi che agisce da regista e dirige con leggerezza il piccolo interno che ribolle di affetto malcelato, sommerso dalla violenza della vita di chi è in guerra perenne. Ognuno può chiedersi: Se capitasse a me di trovarmi in tali condizioni, cosa farei, chi sarei? Ecco il genio dell'autore: saper spremere dubbi interiori, paure inconfessate, compassione autentica ma per tutti, per chi vince e per chi perde. Perché, in guerra, non vince mai nessuno.

Fonte:

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.