[b]Hezbollah pronto a resistere
di Eugenio Roscini Vitali[/b]

Beirut – Il Partito di Dio è pronto ad affrontare Israele e si prepara a combattere le sue battaglie nei centri urbani del Libano meridionale, enclavi sciite diventate vere e proprie roccaforti della milizia Hezbollah: questo è l’ultimo allarme lanciato dall’Aman, il servizio di controspionaggio delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che ritiene la minaccia reale e imminente e che sarebbe in possesso di migliaia di fotografie scattate negli ultimi quattro anni dagli UAV e dai satelliti israeliani; immagini che provano le attività dei militanti sciiti all’interno delle aree urbane prossimi al confine con lo Stato ebraico.

Secondo quanto riportato dal giornale israeliano Haaretz, durante un briefing con la stampa, il colonnello dell’IDF, Ronen Marley, avrebbe mostrato una simulazione in 3D ed alcune fotografie relative al villaggio di al-Hiyam che proverebbero come anche le aree prossime alle scuole e agli ospedali verrebbero utilizzate dalle un’unità Hezbollah per nascondere le armi contrabbandate attraverso il confine siriano.
Marley avrebbe inoltre fatto riferimento alle attività d’intelligence svolte dai miliziani sciiti, alla consistente rete d’infrastrutture sorta per alloggiare alle rampe di lancio dei razzi a breve e media gittata e ai sistemi militari di comunicazioni e di comando e controllo che Hezbollah potrebbe utilizzare in un’eventuale scontro armato.
Il servizio d’informazioni israeliano stima che Hezbollah sia attualmente in possesso di un arsenale composto da circa 100 missili Scud ed M-600 e 40 mila razzi a corto e medio raggio, armi nascoste nei villaggi e nelle case a sud del fiume Litani dove inoltre si troverebbero quasi 20 mila militanti sciiti, ottomila dei quali preparati al combattimento nei campi di addestramento iraniani.
Lungo la zona cuscinetto controllata della Forza di Interposizione dell’Onu (Unifil) ci sono aree interdette ai Caschi blu dove il braccio armato del Partito di Dio avrebbe a disposizione un arsenale pari al doppio di quello del 2006 e una fitta rete di comunicazione e di centri comando, alle cui dipendenze opererebbero unità da combattimento formate da non più di duecento elementi ciascuna.
In un’intervista pubblicato dal quotidiano londinese in lingua araba Asharq al-Awsat il comandante sciita, Sheik Nabil Kaouk, avrebbe inoltre dichiarato che il movimento di resistenza libanese sarebbe in possesso di una lista di obiettivi militari in territorio israeliano che i miliziani sarebbero in grado di colpire in qualsiasi momento.
La minaccia maggiore è sicuramente rappresentata dai missili terra-terra M-600, copia dei razzi iraniani Fateh-110, che grazie ad un raggio d’azione di circa 300 chilometri sono in grado di colpire la metà delle città israeliane, inclusa Tel Aviv. Gli M-600 consegnati ad Hezbollah sarebbero prodotti ed assemblati da un’azienda bellica siriana, frutto della collaborazione tra Damasco e Teheran.
Secondo la rivista francese Intelligence Online, la factory sorgerebbe in una località segreta e, in violazione alle Risoluzioni del Cosiglio di Sicurezza dell’Onu, metà della produzione sarebbe destinata al movimento libanese. Il supporto siriano non si fermerebbe però alla sola fornitura di armi, ma comprenderebbe anche l’organizzazione di una rete tecnico-logistica capace di supportare questo sistema d’arma, sicuramente più avanzato e sofisticato di quelli utilizzati nella guerra israelo-libanese del 2006.
Durante la seconda guerra israelo-libanese, i bombardieri dello Stato ebraico effettuarono più di 12.000 missioni di attacco e la marina lanciò 2.500 missili, per un totale di oltre 7.000 tonnellate di esplosivo; furono distrutti più di 600 chilometri di strade e 73 ponti, 15.000 edifici e 370 scuole, danneggiati 2 ospedali e 125 mila abitazioni, arrecati seri danni alla rete idrica, elettrica e telefonica, all’aeroporto internazionale Rafik Hariri di Beirut e a numerosi porti.
Hezbollah rispose colpendo e danneggiando seriamente con un missile radar guidato C-802 la nave israeliana INS Hanit; tra i boschi del Libano meridionale vennero attaccate le posizioni dell’IDF con i razzi iraniani Ra’ad 1 e con i sofisticati missili anticarro di fabbricazione russa ATGM 9M133 Kornet; furono lanciate su Israele quasi 30 tonnellate di esplosivo, pari a più di 4.000 razzi Katyusha da 122 millimetri, un numero imprecisato di granate RPG-29 Vampire da 105 millimetri e di missili iraniani terra-terra Fajr-3.
Nonostante il limitato raggio d’azione, un quarto di questi vettori riuscì ad andare a segno: furono colpite le città settentrionali di Afula, Beit Shean, Haifa, Hadera, Karmiel, Kiryat Shmona, Maalot, Nahariya, Nazaret, Safed, Shaghur, Tiberiade, dozzine di kibbutz, moshavim (comunità agricole costituite da grandi fattorie) e villaggi arabi.
Tra il 12 luglio e 14 agosto 2006, il Libano contò quasi 2.000 morti (la metà dei quali civili) e più di 4.000 feriti; 43 furono i civili israeliani uccisi, 4.300 i feriti; 121 i soldati dell’IDF che persero la vita, due dei quali durante la prigionia.
Anche se l’intelligence israeliana è in possesso di prove inconfutabili sull’incremento delle attività militari dei militanti sciiti nei territori a sud del Litani, per ora le possibilità di uno scontro armato sono scarse. Il segnale può essere comunque percepiti come un allarme rivolto non solo a Israele ma anche alle stesse truppe Unifil, Forze di pace che Hezbollah considera comunque di occupazione. Le resistenze incontrate dai 13.000 Caschi blu nella ricerca di armi e gli scontri con gli abitanti che simpatizzano per il movimento di resistenza, ne sono la prova tangibile.
Secondo le regole d’ingaggio, se non autorizzata dall’esercito libanese, Unifil non può neanche entrane in molti villaggi del Libano meridionale; circa 160 piccoli paesi dove i bunker e le rampe di lancio dei missili che potrebbero arrivare a colpire il cuore di Israele potranno sempre essere difesi dallo scudo umano rappresentato dagli ignari abitanti civili.

www.focusonisrael.org
(Fonte: Altrenotizie.org, 17 Luglio 2010)

 

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