Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli                            Mario Petazzini

 

 

Cari amici,

è una legge della vita, tutto finisce, anche le cose belle e buone. E quelle che non finiscono al momento giusto si trasformano, perdono la loro identità, marciscono. Succede per la frutta, succede per i governi, succede anche per le associazioni, in particolare quelle che raggruppano persone che hanno partecipato o testimoniato a qualcosa. Che direste di un’associazione degli ex combattenti della Spedizione dei Mille o Prima Guerra Mondiale o di superstiti del terremoto di Messina? Che purtroppo non ci sono più.

Lo stesso inizia ad accadere per l’Anpi, l’associazione che raggruppa gli ex partigiani (soprattutto quelli delle formazioni comuniste, gli altri hanno altre associazioni). Chi oggi ha ottant’anni ne aveva più o meno tredici al momento della Liberazione, poteva essere un deportato, una vittima della Shoà, ma difficilmente un combattente. Insomma, purtroppo gli ex partigiani veri, come i testimoni della Shoà se ne stanno andando. Ci dispiace moltissimo, perché chi combatté contro i nazisti settant’anni fa fece una difficile scelta giusta a rischio della vita e salvò l’onore dell’Italia. Ma la biologia non tiene conto dell’etica, e i partigiani non ci sono quasi più.
Resta però l’Anpi, che a un certo punto ha deciso di proseguire la propria esistenza tesserando persone che partigiani non erano, ma che volevano in qualche modo rinnovarne l’eredità e tutelarne la memoria. Bellissima idea, in astratto: tutto sta però a com’è quel qualche modo. Nel caso dell’Anpi questo modo è pessimo, perché l’associazione è andata in mano a neocomunisti nostalgici, rifondatori del comunismo, gente che interpreta la continuazione della Resistenza come una giustificazione storica inappuntabile di opinioni politiche quanto meno discutibili. Nella politica italiana si sentono sempre alla vigilia della Marcia su Roma o delle leggi razziste; in politica internazionale continuano, come cani di Pavlov, a seguire le alleanze dell’ex Unione Sovietica, per cui i nemici sono l’America e Israele, gli amici quelli che si dicono ancora comunisti, dal turbocapitalismo cinese alla tragicomica dittatura familiare della Corea del Nord. Facile fare i partigiani oggi, amministrare un’eredità morale che non è costata nulla e farlo in maniera ideologica, senza fare i conti coi fatti. Facile ma pericoloso.
La dimostrazione è nel triste episodio di Paderno Dugnano, dove in occasione di una cerimonia della Giornata della Memoria un tale di questi “nuovi partigiani” superideologici (richiamiamone il nome, per dargli tutto il suo onore: Mario Petazzini, esponente di Rifondazione Comunista) non solo si è permesso di paragonare Israele al III Reich, ma ha anche spento il microfono in mano a una ex deportata che protestava). Ne avete letto la cronaca in una lettera accorata del figlio, pubblicata da Informazione Corretta (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=43208). La vicenda è continuata, con le deplorazioni della direzione provinciale e nazionale dell’Anpi, che si è distinta dalla protervia del rifondarolo Petazzini, ma non l’ha in alcun modo rimosso, sospeso, espulso, perché a quanto pare lo statuto non lo prevede; ma se l’è presa anche con Informazione Corretta per aver sollevato il caso: di certe cose, è chiaro, non bisogna parlare. E il “nuovo partigiano” non si è mostrato affatto pentito, anzi ha difeso la sua azione coi giornali (http://www.ilgiornale.it/milano/milano_dirigente_anpiisraele__terzo_reich/07-02-2012/articolo-id=570929-page=0-comments=8#1). Da un certo punto di vista, lo si può capire: se l’Anpi non è più l’associazione di coloro che combatterono il nazismo, ma di quelli che si attribuiscono il diritto di continuarne l’azione stabilendo loro chi sono i nazisti oggi, perché lui non doveva parlare di Israele, visto che tutti i neocomuniusti lo odiano? E se una ex deportata, una che ha conosciuto sulla sua pelle la Shoà, gli risponde che Israele è la salvezza e la garanzia che Auschwitz non si ripeta e magari fa emergere delle assonanze fra il suo discorso e quello nazista, perché non toglierle la parola? Che gli importa del rispetto delle vittime, lui che è un fiero “nuovo partigiano”? E quanto ai fatti, a quel che succede davvero in Israele e dintorni, pensate che all’ideologia buona e pura sia mai importato di una cosa vile e casuale come quel che accade in realtà? Petazzini sa benissimo come dovrebbero andare le cose (“Palestina libera, Palestina rossa!”) e se non c’è niente di rosso fra i palestinesi, se non le esplosioni dei loro attentati e il sangue che versano, non gli importa affatto. Lui sa di chi è la colpa, non ha bisogno di informarsi…
Che vi devo dire, uno che toglie la parola a una vittima della Shoà nella celebrazione della Giornata della Memoria è al di là di ogni insulto possibile. Se la sua ideologia gli suggerisse di farlo, probabilmente non esiterebbe ad aprire volonterosamente nuovi Lager, o piuttosto Gulag, come fecero i bravi “combattenti per la pace” in Russia prima di Hitler, tenendoli aperti fino a pochi decenni fa. Il problema non è lui, o meglio lui è un problema irresolubile, irriducibile come sempre è  l’ottusità dell’ideologia. Il problema è che vi è un’associazione, l’Anpi, che lo accoglie come fosse un partigiano… E qui una soluzione c’è: bisogna chiedere con fermezza a quei signori non partigiani che gestiscono un’associazione che si definisce dei partigiani d’Italia di farsi da parte, di sciogliere la loro associazione per fine biologica, di riconoscere che non possono impadronirsi di un’identità che non hanno, senza diventare un falso storico, pericoloso come tutte le menzogne.

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=43319

 

 

 

 

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