Testata: Corriere della Sera Data: 16 aprile 2012 Pagina: 15 Autore: Francesco Battistini   ///*IC*

Hanno trattato l’argomento diversi quotidiani italiani questa mattina. I toni utlizzati sono analoghi. Eric Salerno (Il Messaggero), Marina Verna (La Stampa), Umberto De Giovannangeli (L’Unità) utilizzano toni molto favorevoli agli odiatori di Israele. Persino sul Giornale, con una breve, vengono riportate le dichiarazioni di Vauro Senesi, il quale sostiene di aver aggirato il blocco partendo qualche giorno fa e di trovarsi già a Gerusalemme.

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/04/2012, a pag. 15, l’articolo di Francesco Battistini dal titolo ” Israele neutralizza la Flytilla, attivisti bloccati all’imbarco “, a pag. 31, l’articolo di Francesco Battistini dal titolo ” Condannati a morte in Palestina, perché l’Occidente non si indigna “.

Ecco i due pezzi di Battistini, preceduti dai nostri commenti:

” Israele neutralizza la Flytilla, attivisti bloccati all’imbarco “

La flottiglia bloccata

Come gli altri giornalisti sui quotidiani italiani di questa mattina, anche Battistini prende le difese degli odiatori bloccati all’aeroporto Ben Gurion o inseriti nella lista nera data alle compagnie aeree e quindi fermati nei loro Paesi d’origine. Non è ben chiaro il rilievo dato alle dichiarazioni di Vauro Senesi, con la sua battuta sul travestimento da suora e la critica al Mossad. Non pago di aver scritto un articolo pieno di disinformazione su Israele, Battistini conclude con un accenno a Günter Grass : “Niente d’illegale, almeno secondo la legge israeliana: ce n’è una del ’52 che consente di respingere chiunque, a discrezione della polizia di frontiera. La legge che ha messo al bando Günter Grass. «Antisemita», anche lui. “. Non è ben chiaro l’utilizzo delle virgolette per ‘antisemita’. In che altro modo si può definire chi odia gli ebrei e lo Stato ebraico ? Ecco il pezzo:

TEL AVIV — Un sms: «Il suo volo per Tel Aviv è annullato…». Adi Belkassem, algerino parigino, l’ha saputo in aeroporto con un bip-bip del cellulare: «Ero già pronto a trovare la polizia, una volta in Israele, e a dire che a me di stare in Israele non importa nulla: io voglio andare in Palestina. Tutto m’aspettavo, meno questo: invece del check-in, un check-point degli occupanti!…». La sorpresa è riuscita. La Flytilla pacifista, allitterazione della Flotilla che da sempre tenta di rompere il blocco navale intorno a Gaza e due anni fa s’è scontrata nel sangue con le forze speciali israeliane, stavolta s’è sparigliata prima di decollare. I 1.500 giovani e forti sono rimasti negli aeroporti. Francesi, belgi, italiani, americani, australiani che dovevano partecipare alla 3a edizione della settimana «Benvenuti in Palestina», inaugurare una scuola e un museo a Betlemme, marciare solidali per i diritti dei Territori… Tutti a terra, invece, da Roma a Parigi, da Ginevra a Vienna, da Istanbul a Bruxelles. Il governo Netanyahu aveva compilato mercoledì una lista nera di 1.200 persone «non gradite», minacciando le compagnie aeree di far pagare loro le spese di rimpatrio, e non è stato difficile trovare attenzione ai terminal d’Alitalia, Lufthansa, easyJet, Turkish, Jet2, Austrian: la maggior parte delle carte d’imbarco sono state strappate così, su due piedi, e ora molti minacciano azioni legali di risarcimento. Chi è riuscito a volare, poche decine d’attivisti, al Ben Gurion di Tel Aviv ha trovato 600 poliziotti. E una sarcastica lettera del governo israeliano, «grazie per aver fatto d’Israele l’oggetto delle sue preoccupazioni umanitarie», con l’invito a marciare in Siria o in Iran. E una sfilza di domande. E in 43 casi, un decreto d’espulsione; in 31, un fermo nel carcere di Ramla: sono finiti agli arresti due fratelli italiani imbarcati a Kiev; due ragazze sono state respinte; altri non risultavano segnalati e hanno potuto raggiungere Betlemme senza problemi. Tra questi Rossana Platone, 80 anni, già docente universitaria a Napoli: «Volevo atterrare direttamente in Palestina, ma un aeroporto non ce l’hanno…». A Fiumicino, nell’elenco dei sette sbarcati c’era anche Vauro, il vignettista che già aveva partecipato a missioni della Flotilla. Non s’è presentato, però, e in una divertita telefonata ha fatto sapere d’essere «già a Gerusalemme, sono arrivato qui vestito da suora pellegrina, ho aggirato i controlli: si vede che il Mossad non è così efficiente…». L’inedito asse compagnie aeree-governo israeliano suscita polemiche. «Una reazione isterica», la definisce Leehee Rotschild, israeliana che ha organizzato la Flytilla: «Hanno violato i diritti di gente che non ha commesso reati». «Non c’è molta differenza fra l’Iran che blocca gli ispettori nucleari e Israele che non vuole controlli nei Territori occupati», chiosa il giornale Haaretz. «Questa gente voleva solo provocare», spiega invece il ministro della Sicurezza, Aharanovich. «Sono feroci anti-israeliani, quasi antisemiti», commenta la destra Likud. Niente d’illegale, almeno secondo la legge israeliana: ce n’è una del ’52 che consente di respingere chiunque, a discrezione della polizia di frontiera. La legge che ha messo al bando Günter Grass. «Antisemita», anche lui.

” Condannati a morte in Palestina, perché l’Occidente non si indigna “

Francesco Battistini

Dopo aver letto questo pezzo ci chiediamo se, per caso, al Corriere della Sera non ci siano due Francesco Battistini, uno corretto, l’altro diffusore di disinformazione. Dopo aver scritto il pezzo tutto pro-attivisti della flytilla e Vauro Senesi, nel pezzo che segue chiede agli ‘attivisti’ come mai non protestino per le condanne a morte nell’Anp di Abu Mazen. Ecco il pezzo:

C’è qualcosa di singolare nella zelante scelta di molte compagnie aeree europee, Alitalia compresa, di non imbarcare gli attivisti della «Flytilla» sui voli per Tel Aviv, destinazione diritti palestinesi. E c’è forse qualcosa di fondato nell’azione legale che questi manifestanti atterrati vogliono intraprendere nei confronti di chi ha deciso di cancellare i loro voli. Se la vedranno i giudici, se sarà il caso. E gl’israeliani, nel caso qualcuno degli «indesiderati» provi a sfondare la frontiera. La destra Likud accusa i marciatori solidali addirittura di antisemitismo, la sinistra laburista arriva a paragonarli ai perseguitati iraniani, ma la riflessione più scomoda una volta tanto l’ha offerta il governo Netanyahu, nel volantino consegnato a chi è riuscito a sbarcare: caro pacifista, perché non provi a manifestare allo stesso modo in Siria e in Iran, o esigendo libertà civili per i palestinesi governati da Hamas? E già che vai nella Betlemme governata dall’Autorità di Abu Mazen, aggiungiamo noi, perché non provi a sfilare sotto la Muqata contro l’ultima condanna a morte inflitta (sabato) da un tribunale palestinese all’ennesimo «reo confesso collaborazionista del Mossad»? Restiamo umani, direbbe il povero Vik Arrigoni ammazzato dai salafiti un anno fa. La mamma del volontario lecchese, un gesto che è un esempio, ha chiesto ai cosiddetti giudici di Hamas di non impiccare gli assassini di suo figlio. Ma chi, fra i tanti resistenti che in queste ore preparano le carte bollate per far valere in tribunale i loro diritti di viaggiatori, va a spendere una parola per questo Mohammed Abu Shahala, ex poliziotto di Ramallah, spedito davanti al plotone nientemeno che per aver mediato la vendita di una casa araba ai coloni ebrei di Hebron? Un cellulare dell’Orange israeliana, qualche frequentazione chiacchierata, un contratto poco chiaro: a Gaza, ma anche nei Territori, ci vuol poco a far «confessare» l’intelligenza con il nemico sionista e a finire fucilati. Qualche volta li uccidono. Qualche volta, li graziano. Regolarmente, il tutto avviene nel silenzio di tutti.

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