Testata: Informazione Corretta Data: 09 aprile 2012 Autore: Ugo Volli

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.

L’incontro tra Monti e Lieberman

Cari amici,

non datemi dell’ossessivo se ritorno di nuovo a parlarvi di una cosa che non c’è, di quella non-entità che viene chiamata benevolmente “Palestina” (che secondo la radice ebraica antica da cui proviene significa più o meno “rotolone”, o fuor di metafora, congrega degli immigrati). La “Palestina” non c’è storicamente: il nome in arabo è recentissimo, gli arabi della regione fino alla fondazione dello Stato di Israele si chiamavano “siriani del sud”. In contesti non troppo esposti alla comunicazione internazionale, lo riconoscono anche i più fanatici dei “palestinesi”: guardate per esempio che cosa ha detto il “ministro dell’interno e della sicurezza nazionale di Hamas, Fathi Hammad alla Al-Hekma TV il 23 marzo scorso in un appello per ottenere benzina (cioè attraverso le tasse, soldi) dall’Egitto:

“Allah sia lodato, tutti noi abbiamo radici arabe, e ogni palestinese, a Gaza e in tutta la Palestina, è in grado di dimostrare le sue radici arabe – sia dall’Arabia Saudita, dallo Yemen, o dovunque. Ci sono legami di sangue. Allora, dove è il vostro affetto e misericordia? […] Personalmente, metà della mia famiglia è egiziana. Siamo tutti così. Più di trenta famiglie nella Striscia di Gaza sono chiamati Al-Masri [“l’egiziano”]. Fratelli, la metà dei palestinesi sono egiziani e l’altra metà sono sauditi. Chi sono i palestinesi? Abbiamo molte famiglie chiamate Al-Masri, le cui radici sono egiziane. Egiziane! Possono venire da Alessandria d’Egitto, dal Cairo, da Dumietta, dal Nord, da Assuan, dall’ Alto Egitto. Siamo egiziani. Ci sono arabi. Ci sono musulmani. Siamo una parte di voi.” (http://www.memritv.org/clip_transcript/en/3389.htm). Capito? Metà dall’Arabia Saudita, metà egiziani: questo sono i palestinesi.

Ma la “Palestina” non c’è neppure giuridicamente, come ha appena riconosciuto la corte internazionale dell’Aia (di solito molta prevenuta contro Israele) con una sentenza in cui rifiuta il tentativo dell’Autorità Palestinese di far partire un’inchiesta contro le attività antiterroriste di Israele, perché l’Anp “non è uno stato” e dunque non può appellarsi a quella corte (http://alyaexpress-news.com/2012/04/grande-victoire-pour-israel-a-la-cour-penale-internationale/; http://www.asianews.it/notizie-it/Il-Tribunale-dell%27Aja-rifiuta-il-riconoscimento-della-Palestina-24423.html).
Ha ragione per una volta la Corte internazionale: la “Palestina” è una costruzione polemica per opporre alle ragioni nazionali ebraiche un’altra identità nazionale fittizia – tanto fittizia che fra i compiti che si è data l’agenzia dell’Onu UNRWA, quella che serve solo ad assistere i “rifugiati palestinesi” e naturalmente dipende per la sua esistenza (per gli stipendi e le cariche dei suoi dirigenti e dipendenti) dalla loro sussistenza e dunque dal non risolevere il loro problema, vi è quello di istillare “l’identità palestinese” nelle scuole (http://elderofziyon.blogspot.it/2012/04/unrwa-director-brags-about-instilling.html).

E allora, se la “Palestina” non ha realtà giuridica né storica, se i “palestinesi” sono “metà egiziani, metà dell’Arabia Saudita” (ma naturalmente ci sono fra loro anche i siriani, i libanesi, gli yemeniti ecc.), perché il problema prosegue e si incancrenisce? Una risposta ve l’ho appena data: per via dell’interesse internazionale (di certe agenzie dell’Onu, di molti stati dittatoriali della regione ecc.) a mantenere aperta la crisi su cui scaricare tensioni interne e costruire demagogie pubbliche e carriere personali. E poi, naturalmente, per quella forma particolare di antisemitismo che si chiama antisionismo: se gli ebrei sono malvagi, deicidi, ammazzano i bambini e chissà cos’altro, figurarsi se possono avere uno stato. Ma vi sono anche altre ragioni.

Una è l’ignoranza o l’accondiscendenza dell’Occidente.

Ieri una persona che pure è considerata intelligente e colta come Monti, al termine di una visita a Lieberman e ad Abu Mazen “ha sottolineato come «la questione palestinese vada risolta al più presto» e che l”Italia in Medio Oriente sostiene la soluzione di «due Stati» separati per israeliani e palestinesi che vivano «in pace l’uno accanto all’altro». Questa soluzione è da raggiungersi attraverso «il negoziato». L’Italia, inoltre, «non riconosce nessuna modifica dei confini rispetto agli accordi del 1967» salvo eventuali intese tra le parti.” (http://www.corriere.it/esteri/12_aprile_08/pasqua-monti-santo-sepolcro-incontra-lieberman-abbad-medio-oriente_5f3c9960-814c-11e1-9393-421c9ec39659.shtml). Le parole sul ’67 devono essere proprio vere, perché sono riportate uguali sulla “Stampa” (http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/449470/). Ma, scusate che “accordi del ’67”? Nel ’67 c’è stata una guerra, non ci sono stati accordi di sorta! E i “confini del ’67” non sono confini ma linee armistiziali, negoziate nel ’49 con i vari stati arabi, dopo che Israele ebbe resistito con successo alla guerra scatenata da sei eserciti per distruggere lo stato neonato, con il patto esplicito che non si trattasse di confini definitivi (il retropensiero evidente degli arabi è che ci avrebbero riprovato, come fecero nel ’56 e poi appunto nel ’67). E allora perché Monti dice queste sciocchezze? (Non solo queste, le agenzie gli fanno dire anche una totale assurdità: “”Non vi sono alternative a questa soluzione, raggiungibile solo con il negoziato”, ha sottolineato Monti con implicito riferimento alla richiesta di riconoscimento unilaterale della Palestina avanzata di recente alle Nazioni Unite e oggi rilanciata dal leader palestinese.” http://www.agi.it/iphone-estero/notizie/201204081342-est-rom0041-m_o_monti_soluzione_2_stati_e_no_a_modifica_confini_67.

Cioè l’accenno al negoziato richiamerebbe implicitamente e dunque approverebbe il passo con cui l’Autorità Palestinese ha cercato di raggiungere i suoi obiettivi uscendo dal negoziato, il che come sappiamo non le è riuscito. Come diceva Isidoro da Siviglia del bosco, in latino lucus, il suo nome deriva “a non lucendo”., perché non vi è luce… i negoziati consistono nel rifiuto di negoziare). E allora perché dire queste cose insensate? Lo spiega “La Stampa”: “«La posizione italiana è inequivocabile e ancorata all’Ue», ha aggiunto.” Cioè al pensiero della baronessa Ashton, degli antisionisti e antisemiti che fanno il bello e il cattivo tempo nell’Unione Europea.

Ma non è tutto qui. La complicità indiretta è più insidiosa. Vi traduco qui un brano di un articolo molto interessante di PJMedia, intitolato “La complicità americana nei pasticci di bilancio dell’Anp” (http://pjmedia.com/blog/u-s-complicit-with-palestinian-authority-budgeting-mischief/?singlepage=true):
“La scorsa estate, il Congresso degli Stati Uniti ha trattenuto circa 147 milioni dollari dei previsti 513 milioni di aiuti in seguito al tentativo unilaterale dell’Autorità di ottenere il riconoscimento della sua sovranità dalle Nazioni Unite. (Altri 113 milioni di fondi statunitensi per le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese e 232 milioni per le Agenzie di assistenza delle Nazioni Unite non sono stati influenzati.) Sotto la pressione del Dipartimento di Stato – che si avvalse dell’aiuto del governo israeliano – il Presidente della commissione Esteri della Camera Ileana Ros- Lehtinen ha annunciato che 88 milioni di dollari saranno concessi di nuovo, limitando il taglio a 58,6 milioni. […] Quanto è importante l’aiuto degli Stati Uniti? Esso ammonta a circa il 15% del bilancio di previsione palestinese e a quasi il 50% di tutti gli aiuti previsti. Ma è opportuno prendere in considerazione lo stato generale delle finanze palestinesi: il bilancio 2012 della Anp – prodotto dal premier Salam Fayyad, il l’”uomo di mano” dell’Occidente per le decisioni in campo economico – ha previsto 3,5 miliardi di dollari di spesa, 1,1 miliardi di aiuti, evidenziando un deficit di tra 750 milioni e 1,1 miliardi (quest’ultima cifra è ora quella accettata). Ciò significa che l’economia palestinese dovrebbe generare solo circa 1.3 miliardi di dollari, e la Anp ha in programma di spendere tre volte quello che produce. In termini reali poi, con 1,3 miliardi in reddito generato e 1,1 miliardi in aiuti (e 2,4 miliardi di spese), gli aiuti degli Stati Uniti (513 milioni) sono quasi il 20% della spesa effettiva.

“Nonostante la designazione, degli Stati Uniti, di Hamas come un’organizzazione terroristica, parte di quel denaro va a Hamas a Gaza. Come? Hamas impiega 32.000 persone – circa due terzi dei quali sono agenti di sicurezza, a carico del bilancio Anp e non conteggiate nella spesa ufficiale di Hamas. Gli Stati Uniti danno alla Anp $ 200 milioni di “sostegno diretto al bilancio”, cioè denaro che va nelle casse Anp senza riferimento a contratti o altri meccanismi di controllo e che può essere speso per qualunque cosa l’Anp ritenga importante – come forze di sicurezza di Hamas. (O il servizio televisivo palestinese – che non è autorizzato a ricevere finanziamenti diretti degli Stati Uniti perché predica odio e violenza -, ma che riceve denaro dal bilancio Anp). La spesa di Hamas a Gaza non è contabilizzata nel budget Anp, ma almeno per il 2011, ci sono stati alcuni numeri forniti da Hamas da considerare. Il parlamento di Hamas ha approvato una previsione di spesa di 540 milioni di dollari nel dicembre 2010, di cui il parlamentare Jamal Nasser ha detto che non più di 60 milioni verrebbe da imposte e tasse. “Il resto verrà da doni e aiuti stranieri”, ha detto. (Il presidente Mahmoud Abbas ha affermato nel 2011 che l’Iran stava dando ad Hamas fra i 250 e i 500 milioni all’anno, il che, se è vero, garantirebbe il saldo di bilancio di Hamas , o almeno almeno permetterebbe di fare un taglio nei 480 milioni non contabilizzati nei numeri ufficiali.) Nelle entrate pubbliche di Hamas sono incluse le imposte e le tasse dai tunnel contrabbando, che si dice impieghino circa 30.000 persone.
[Concludendo] “Gli Stati Uniti danno i dollari dei contribuenti americani all’Autorità palestinese nonostante le obiezioni del Congresso, e l’Anp invia una parte dei soldi per le forze di sicurezza di Hamas a Gaza, violando le restrizioni statunitensi in materia di aiuti. […] Gli oggetti del nostro interesse, tuttavia, hanno interessi propri.
“Per i palestinesi come per gli egiziani, l’obiettivo politico è ottenere il più possibile di finanziamenti stranieri, vincolati con il minor numero di condizioni, in modo da restare al potere. Finché ci riusciranno.”

Insomma, l’Autorità Palestinese & Co. è mantenuta dall’Occidente – agli aiuti americani vanno aggiunti infatti gli aiuti europei che complessivamente hanno circa la stessa entità. Nessuna meraviglia che in una recente inchiesta demoscopica di cui vi ho già parlato (http://www.pcpsr.org/survey/polls/2012/p43efull.html), “in risposta alla domanda “Che opzioni pensate ci siano per risolvere la crisi finanziaria dell’Anp, il 52% ha detto “ritorno ai negoziati al fine di ottenere maggiore sostegno dei donatori” (cioè, ottenere più denaro gratis dall’Occidente, fingendo di volere la pace) e il 27% ha scelto: “Sciogliere l’Anp.”, mentre peraltro “il 39% di tutti gli arabi palestinesi, e il 55% degli abitanti di Gaza, sostenere un ritorno alla “resistenza armata” (cioè, il terrorismo) e il 47,5% di tutti gli arabi palestinesi, e il 62% degli abitanti di Gaza, sostenere “gli attacchi armati contro i civili israeliani all’interno di Israele.” (http://elderofziyon.blogspot.it/2012/04/latest-peaceful-palarab-poll.html).

 

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