Testata: Informazione Corretta Data: 17 luglio 2012  Autore: Annalisa Robinson .

SINODO ANGLICANO, VERGOGNA Grave presa di posizione anti-israeliana della Chiesa d’Inghilterra.

Di Annalisa Robinson.

 

 

 

Il Sinodo Generale (organo deliberativo e legislativo della Chiesa d’Inghilterra) di luglio veniva visto come particolarmente importante per via della spinosa questione delle donne-vescovo, che una percentuale rilevante della Chiesa Anglicana trova difficile accettare. L’argomento, un nodo ormai giunto al pettine e oggetto di grande imbarazzo per la Chiesa, è stato invece posticipato a successive riunioni, in modo da avere più tempo per mettere a punto compromessi accettabili. Il Sinodo ha quindi pensato bene di dedicarsi al conflitto israelo-palestinese, con una mozione di sostegno ufficiale al Parents Circle Family Forum e al programma di volontariato internazionale “Ecumenical Accompaniment Programme in Palestine and Israel” (EAPPI). Niente da dire sul Parents Circle, un’organizzazione che riunisce oltre 600 famiglie israeliane e palestinesi che hanno perso un familiare nel conflitto e lavorano attivamente per la pace e la riconciliazione. Molto da dire, invece, sull’EAPPI, che recluta e invia osservatori, o meglio “accompagnatori ecumenici”, nelle città e nei villaggi palestinesi con quattro obiettivi ufficiali: 1) offrire protezione attraverso la presenza non violenta degli accompagnatori; 2) monitorare e segnalare violazioni dei diritti umani e della legge umanitaria internazionale; 3) sostenere gli attivisti per la pace sia palestinesi che israeliani; 4)  promuovere questi obiettivi rendendo pubblicamente testimonianza.

L’EAPPI è stato fondato nel 2002 sotto l’egida del World Council of Churches, che include la maggior parte delle Chiese cristiane (ma non quella Cattolica, che si limita a mandare degli osservatori). Gli accompagnatori provengono da vari Paesi aderenti, quali USA, Canada, UK, Francia, Germania, Norvegia, Svezia, Svizzera, Sudafrica, eccetera. In Gran Bretagna il programma è gestito dai Quaccheri, che appoggiano il boicottaggio di merci prodotte negli insediamenti (anche a costo di compromettere la situazione economica di migliaia di palestinesi, con la scusa che bisogna fare qualcosa per punire Israele). Dell’EAPPI fanno parte, fra le molte organizzazioni, le Chiese Battista e Metodista; l’agenzia di aiuti umanitari della Chiesa Cattolica d’Inghilterra e Galles (CAFOD); la notissima agenzia umanitaria Christian Aid; gli Unitariani, e ovviamente Pax Christi.

Quando un’iniziativa ha l’appoggio di Pax Christi, si capisce subito di che cosa si tratta. Infatti il Board of Deputies of British Jews (organizzazione democraticamente eletta delle comunità ebraiche britanniche per difenderne le libertà civili e religiose e farne sentire la voce) ha cercato in tutti i modi di far presente al Sinodo che l’EAPPI è praticamente uno strumento di propaganda anti-israeliana. I volontari passano diversi mesi nei cosiddetti Territori (Hebron, Jayyous o Yanoun) ma un solo giorno in Israele, e trasmettono la loro esperienza a un pubblico che sa poco o nulla della realtà quotidiana di entrambe le parti in conflitto. L’EAPPI tace il fatto che l’unica ragione per la cosiddetta “occupazione” è il rifiuto da parte palestinese di riconoscere lo Stato d’Israele; riconduce tutte le sofferenze palestinesi all’ “apartheid” israeliano, ignorando completamente antisemitismo, corruzione, e il rifiuto di ogni proposta di pace da parte delle autorità palestinesi; non riconosce le esigenze di sicurezza dei civili israeliani; non vede l’omofobia, il razzismo e l’oppressione delle donne che si diffondono nei Territori con il prevalere della componente islamista, e rifiuta di vedere che Israele è di fatto una società aperta, multireligiosa e multirazziale.

Non solo: l’EAPPI ha sostenuto il movimento BDS e il boicottaggio dei prodotti made in Israel e negli insediamenti; ha elogiato Arafat per la sua “opera di unificazione” del popolo palestinese; ha rivendicato il diritto al ritorno dei rifugiati della ” Nakba “; ha invitato a fare sit-ins davanti alle ambasciate israeliane e a “manomettere” i websites governativi israeliani; ed è uno degli assi portanti della “Ecumenical Campaign to End the Illegal Occupation of Palestine”. Si è cercato di far capire al Sinodo che l’approvazione della mozione avrebbe gravemente compromesso il rapporto con le comunità ebraiche, ma nonostante l’opposizione di alcuni coraggiosi (e meglio informati) religiosi la mozione è stata approvata da 21 vescovi (3 contrari e 14 astenuti), 89 membri del clero (21 contrari e 44 astenuti), e 91 membri laici (30 contrari e 35 astenuti).

La discussione non fa onore al Sinodo: vi sono stati riferimenti tristemente familiari a stereotipi quali le “potenti lobby” ebraiche, le ingenti somme di denaro spese da queste ultime per illustrare la loro opposizione alla mozione (un modesto volantino A4 stampato su entrambe le facciate è stato descritto come “costosissimo”, probabilmente un migliaio di sterline”), “nomi dal suono ebraico”…. e addirittura al fatto che le azioni delle comunità ebraiche “disonorano la memoria delle vittime dell’Olocausto” (secondo il canonico Oestricher, la cui nonna morì nei campi di sterminio). La mozione (http://www.churchofengland.org/media/1478010/gs%201874a-palestine%20and%20israel%20pmm.pdf) definisce il lavoro dell’EAPPI “vitale”; incoraggia i parrocchiani a farsi volontari e le loro chiese a farne conoscere le esperienze. Lamenta i “devastanti effetti sociali ed economici” dell’occupazione, del blocco, degli insediamenti illegali, delle “centinaia di barriere che ostacolano la libera circolazione e il muro di separazione costruito in larga parte in territorio palestinese”. Esempi citati delle attività dei volontari includono: accompagnare le bambine di una scuola malauguratamente posta fra due insediamenti, che sono vittime di attacchi e minacce da parte dei coloni estremisti; il monitoraggio dei checkpoint dove si fanno “code fino a quattro ore ogni mattina per andare al lavoro, a scuola, o in ospedale”; e la protezione degli “agricoltori palestinesi che cercano di raccogliere le olive ma sono oggetto di attacchi da parte dei coloni”.

Meno commovente, anzi allarmante, è il fatto che “la Croce Rossa Internazionale e le agenzie umanitarie e dei diritti umani delle Nazioni Unite fanno uso dei dati statistici e delle testimonianze oculari raccolte dagli accompagnatori ecumenici ai checkpoint e in occasione della demolizione di abitazioni”, così come il fatto che, “al ritorno dalla Terra Santa” gli accompagnatori vengano invitati a parlare ai “gruppi di politiche mediorientali dell’Unione Europea e al Consiglio dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite”.

Una sola riga su Israele, tanto per dovere: “Gli israeliani temono gli attacchi degli attentatori suicidi e le minacce all’esistenza di uno Stato ebraico”. E perché temono? …. Non si fa parola dei missili, né si condanna esplicitamente l’istigazione da parte palestinese all’odio nei confronti di Israele e degli ebrei, specialmente l’indottrinamento dei bambini; non una parola sui leader palestinesi, che nei decenni hanno sprecato miliardi di aiuti in corruzione e terrorismo; silenzio sulla violazione dei diritti umani (anche dei cristiani) da parte dell’Autorità Palestinese. Fa ridacchiare il passaggio in cui si parla di “rigoroso accertamento dell’idoneità e addestramento” dei volontari dell’EAPPI, che suona piuttosto come indottrinamento, e fa sospettare che partano sapendo già quello che vedranno. Secondo il Board of Deputies of British Jews l’addestramento dura due settimane, ma solo due ore vengono dedicate alla prospettiva israeliana. Nonostante la loro scarsissima, unilaterale esperienza, al loro ritono gli accompagnatori sono considerati esperti del conflitto israelo-palestinese, ed essendo tenuti a rendere testimonianza almeno dieci volte (nelle chiese ma non solo), finiscono per contribuire significativamente all’atteggiamento generale di ostilità delle chiese nei confronti di Israele.

L’autore della mozione, il patologo John Dinnan, è noto per aver cercato in passato di persuadere la Chiesa d’Inghilterra a rinunciare ai suoi investimenti nella Caterpillar, per via della loro supposta complicità nei “crimini” israeliani. Capita di incontrare tipi del genere. Ma, per finire nell’agenda del Sinodo, la mozione doveva avere il sostegno di 100 firmatari. Ne ha avuti più di 150. Che forse non bastano a giustificare un’accusa di pregiudizio istituzionalizzato della Chiesa Anglicana contro Israele, ma fanno pensare.
E’ vero che molti firmatari probabilmente non hanno idea della vera natura del lavoro dell’EAPPI, ma hanno anche il dovere di informarsi prima di sottoscrivere o di votare. L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che quattro anni fa aveva dichiarato che l’integrazione di aspetti della sharia nella legislazione britannica era “inevitabile”, si è astenuto dal voto ma ha fatto delle dichiarazioni sconcertanti (qui il testo: http://www.archbishopofcanterbury.org/articles.php/2557/archbishop-of-canterbury-at-general-synod-in-york).

Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury

Ha cominciato liquidando coloro “la cui opinione possiamo benissimo decidere di ignorare”, che “nella loro convinzione acritica che il governo di Israele non sia mai in errore, saranno certamente molto irritati dal tipo di informazione che l’EAPPI diffonde”. Ha dichiarato di non condividere “la descrizioni molto negative e […] molto fuorvianti dell’EAPPI”. Ha espresso “rispetto e gratitudine per l’immenso coraggio e dedizione dei volontari” e negato sentimenti anti-israeliani, ma con passaggi inaccettabili per chi conosca o viva la situazione da parte israeliana: “E’ proprio perchè vogliamo la sicurezza di Israele che ci preoccupa un comportamento che esclude e deumanizza i palestinesi e rende le divisioni esistenti ancora più profonde. Tutti coloro fra noi che vogliono un Israele sicuro devono riconoscere che […] la sicurezza acquistata al prezzo di giustizia e rispetto è molto precaria. Mezz’ora al museo dell’Olocausto, Yad Vashem, vi farà capire, se ancora non avete capito, perchè per esistere lo Stato di Israele ha bisogno di sicurezza. Mezz’ora a un checkpoint vi farà capire, se ancora non avete capito, che vi sono forme di sicurezza indifendibili e inaccettabili.” Williams respinge “assolutamente” la delegittimazione di Israele, ma “perchè desideriamo che lo Stato di Israele – come tutti gli altri legittimi Stati – si assuma la responsabilità di un comportamento costruttivo e giusto” (insomma non lo si delegittima per poterlo accusare meglio). Essendo considerato un fine intellettuale, si propone di “capire perchè le comunità ebraiche locali sono così preoccupate dall’EAPPI”, ma senza rinunciare al proprio “impegno critico” (di Israele).
Avendo tirato il sasso, Williams ha però ritirato la mano, appoggiando un emendamento del vescovo di Manchester (presidente del Council of Christians and Jews) che voleva eliminare la menzione di specifiche organizzazioni dalla mozione. L’emendamento è stato naturalmente respinto. La triste realtà è che il Sinodo ha offerto agli attivisti dell’EAPPI un invito aperto a diffondere un punto di vista distorto e fazioso in tutte le chiese anglicane del Regno Unito, senza poter esercitare alcun controllo su di esso. Un Paese non si misura soltanto da quello che fa, ma annhe da quello che tollera, ha scritto il giornalista e scrittore tedesco Kurt Tucholsky, che non a caso era ebreo. Vale anche per le Chiese.

I lettori di IC che volessero esprimere la propria amarezza e preoccupazione riguardo alla mozione approvata dal Sinodo possono: • accedere alla pagina dell’Arcivescovo di Canterbury su Facebook e lasciare dei commenti (http://www.facebook.com/archbishopofcanterbury);
• scrivere all’Arcivescovo di Canterbury (Rt. Revd. Rowan Williams, Archbishop of Canterbury, Lambeth Palace, London, SE1 7JU) e a William Fittall, segretario generale del Sinodo (General Secretary, The General Synod, Church House, Great Smith St, London SW1P 3AZ); • scrivere al Vescovo di Manchester, presidente del Council of Christians and Jews (Rt. Revd. Nigel McCulloch, Bishop of Manchester, Bishopscourt, Bury New Road, Manchester, M7 4LE); • scrivere al giornale più influente della Chiesa d’Inghilterra, il Church Times (Church Times, 3rd Floor, Invicta House, 108-114 Golden Lane, London EC1Y 0TG)

CHIESA D’INGHILTERRA SOTTO ACCUSA le proteste:

Vi sono state voci che hanno pesantamente criticato  ufficialmente la svolta anti-israeliana del Sinodo Anglicano. L’approvazione della mozione che conferisce l’appoggio ufficiale del Sinodo anglicano al programma di volontariato internazionale “Ecumenical Accompaniment Programme in Palestine and Israel” (EAPPI), che è in realtà uno strumento di propaganda anti-israeliana, ha suscitato parecchie critiche nel Regno Unito e anche all’interno della Chiesa d’Inghilterra. Anche le modalità della discussione, con venature antisemite, sono finite sotto accusa.

Naturalmente le comunità ebraiche hanno reagito con amarezza, durezza e ironia. Il presidente del Board of Deputies e vicepresidente del Congresso Ebraico Europeo, Vivian Wineman, ha condannato la scelta di “promuovere un programma di istigazione e propaganda”, ricordando che “membri delle comunità ebraiche nel Regno Unito sono state oggetto di molestie e insulti a incontri organizzati dall’EAPPI, ma il Sinodo ha completamente ignorato queste testimonianze”. Ha deprecato i toni antisemiti del dibattito (gli accenni alle “potenti lobby”, alle comunità abbienti e via dicendo), “profondamente offensivo”, notando che “solleva questioni serie sulle motivazioni dei promotori della mozione”. Ha concluso affermando che “La comunità ebraica non ha bisogno di lezioni dalla Chiesa Anglicana in fatto di giustizia e di pace”. Il Rabbino Capo, Lord Sacks, citato dal Times, ha affermato che la mozione “danneggia in modo serio le relazioni tra cristiani ed ebrei”: “Minimizzare le paure ben fondate di Israele […] non serve a promuovere la causa della pace”. David Gifford, direttore del Council of Christians and Jews (l’associazione più antica di cristiani ed ebrei), denuncia “il pericolo di alimentare sentimenti anti-israeliani e antisemiti nelle chiese inglesi e nelle comunità cristiane”.
Il portavoce dell’ambasciata israeliana ha espresso disappunto, ricordando che mentre i cristiani vengono perseguitati in Medio Oriente, “la Chiesa Anglicana ha scelto di fare da amplificatore a voci faziose e prendersela con Israele – l’unico Paese che riconosce per legge i diritti dei cristiani e la popolazione cristiana è in aumento”.

Gli fa eco una giustamente sdegnata Melanie Phillips (http://phillipsblog.dailymail.co.uk/2012/07/the-synods-shame-.html):

Melanie Philips

“E’ semplicemente sbalorditivo che, mentre i cristiani vengono perseguitati dai musulmani in tutto il Terzo Mondo, non da ultimo a Gaza e nei Territori contesi, convertiti a forza, cacciati dalle loro case e persino bruciati nelle loro chiese in Africa e altrove, la Chiesa d’Inghilterra scelga di passare tutto ciò sotto silenzio e prendersela invece con Israele, l’unico Paese del Medio Oriente nel quale i cristiani sono protetti, prosperi e in aumento”.

Parecchi religiosi hanno espresso dubbi e riserve sull’operato dell’EAPPI, a cominciare dal parroco anglicano di Baghdad, Andrew White, che di Medio Oriente si intende parecchio. White ha definito la mozione “ingiusta e dolorosa”, in quanto trascura “la guerra al diritto di esistere di Israele”, la persecuzione degli ebrei in Medio Oriente prima della creazione dello Stato ebraico, e la cultura di istigazione all’odio verso ebrei e cristiani, nonché i continui bombardamenti di Sderot.

Persino Giles Fraser, il controverso canonico che appoggiava il movimento Occupy London, accampato in una tendopoli davanti alla cattedrale di San Paolo, scrive sul Guardian (il Guardian!) che, pur essendo “importante e necessario”, l’operato degli accompagnatori di EAPPI “non offre, di per sé, una valutazione a 360 gradi della situazione. L’EAPPI offre il fianco alle critiche quando, dopo 40 giorni a un checkpoint israeliano, i volontari si presentano come mini-esperti di politica medio-orientale. Per questo, occorre anche che siano andati a ballare al Nanuchka nella secolare Tel Aviv. E che abbiano visto i bambini di Gaza distribuire dolciumi quando un soldato israeliano viene ucciso. E avere provato la pena del fallimento della pace e dei sogni distrutti. E altre migliaia di migliaia di esperienze oltre a queste” (http://www.guardian.co.uk/commentisfree/belief/2012/jul/12/church-of-england-silent-israel-palestine).

La corrispondente del Times per le questioni religiose, Ruth Gledhill, ha dichiarato di vergognarsi della sua Chiesa, aggiungendo che a quanto pare l’Olocausto non ci ha insegnato abbastanza (http://www.thejc.com/comment-and-debate/analysis/69845/my-church%E2%80%99s-actions-are-shameful).
Non bisogna dimenticare che la Chiesa d’Inghilterra è la Chiesa ufficiale del Regno Unito, fondata da un monarca che neè il  capo. Non a caso il suo primate viene nominato dal Primo Ministro, e ben 26 tra vescovi e arcivescovi siedono alla Camera dei Lord. Non a caso, infatti, per proteggere la sua Chiesa dalle critiche, proprio alla Camera dei Lord il vescovo di Exeter ha chiesto al governo una valutazione dell’operato dell’EAPPI.

Lord Howell (responsabile degli Esteri per la camera dei Lord) ha affermato che i funzionari dell’EAPPI sono in “regolare contatto con il consolato generale britannico di Gerusalemme” e che il programma “fornisce un servizio utile e indipendente di monitoraggio nei Territori palestinesi occupati”. Anzi, i report dell’EAPPI e le loro statistiche sui movimenti attraverso i checkpoints aiutano la comunità internazionale a “monitorare l’impatto delle restrizioni sulla vita dei palestinesi comuni”. Anche se si può ammettere l’ignoranza di un gruppo di ecclesiastici anglicani, non si può ammettere quella di un ministro di governo. Lord Howell ha bisogno di documentarsi. Ma intanto, indirettamente, il vescovo di Exeter ha ottenuto alla mozione (e all’EAPPI) anche l’approvazione ufficiale del governo britannico.

Come ha scritto qualche tempo fa un blogger del Daily Telegraph, forse “è ora che anche quest’ultima grande industria di Stato venga privatizzata e vada a cercarsi i propri clienti nel libero mercato delle religioni”.

 

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