Testata: Informazione Corretta Data: 11 dicembre 2012 Autore: Ugo Volli .

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.

 Cari amici,

bisogna fare le pulci alla stampa, all’opinione pubblica e alle dichiarazioni dei politici – di solito sono molto approssimative. Noi siamo qui per questo, almeno per quanto riguarda il Medio Oriente. Mi occupo oggi di un’idea diffusa ma infondata, secondo cui la settimana scorsa l’Assemblea Generale dell’Onu avrebbe in qualche modo fondato lo Stato di Palestina nei “confini del ’67” riconoscendolo fra gli “stati non membri osservatori”. Riconoscere degli osservatori fa certamente parte dei poteri dell’Assemblea Generale e questo è il contenuto della risoluzione 67/19 che potete leggere qui (http://unispal.un.org/UNISPAL.NSF/0/181C72112F4D0E0685257AC500515C6C ; per un’illustrazione della risoluzione e del contesto potete vedere la voce di Wikipedia qui: http://en.wikipedia.org/wiki/United_Nations_General_Assembly_resolution_67/19). Ora il testo dell’Onu non parla affatto di fondare o riconoscere lo stato né potrebbe farlo, perché non rientra nei poteri dell’Assemblea. Tantomeno parla di stabilire dei confini (che giuridicamente non ci sono, perché quelli “del ’67” che l’Autorità palestinese pretende non sono altro che le linee armistiziali del ’49, di cui gli accordi del cessate il fuoco conclusi a Cipro quell’anno stabilisce il carattere “militare non politico” ed esplicitamente statuisce che non sono confini internazionali (http://en.wikipedia.org/wiki/1949_Armistice_Agreements). E’ un principio generale del diritto internazionale che i confini fra Stati possono solo essere stabiliti con trattati fra gli interessati, esattamente ciò cui le organizzazioni palestinesi si sono sempre rifiutate.
Ma torniamo al carattere del presunto Stato Palestinese. Le caratteristiche qualificanti per essere uno Stato sono specificate dalla convenzione di Montevideo del 1933, art 1: “uno Stato è una persona dell’ordinamento internazionale che ha le seguenti qualificazioni: a) un popolazione permanente; b) un territorio definito, c) governo, e d) la capacità di entrare in relazione con gli altri Stati “. Ora l’Anp non è un governo, perché manca di continuità e della capacità organizzativa e finanziaria di reggersi da solo, per non parlare che i “governi” sono due, uno a Ramallah e uno a Gaza. La “Palestina” non ha un territorio definito, visto che i confini con Israele non sono stati decisi, che non si sa se Gaza ne faccia parta o meno, visto che è rivendicata ma non controllata; lo stesso territorio della Giudea e Samaria non è controllato se non in parte (sia dal punto di vista geografico che da quello militare) dall’Anp, dato che una parte è controllata direttamente da Israele e rivendicata da esso, e una parte è comunque sotto il controllo militare israeliano. Si pretende a questo proposito che si tratti di “occupazione”, ma la nozione di occupazione presuppone che il territorio di uno stato sia sotto il dominio di un altro, e dunque richiede quel che si vuol dimostrare.   Il preteso stato non ha una popolazione permanente, cioè definita, proprio perché invoca il “diritto al ritorno” di un numero ingentissimo e assai variabile di “rifugiati”. I suoi rapporti con gli altri stati non sono segnati dalla sovranità, visto che manca il controllo del territorio e certamente non sono pacifici, come richiederebbe lo statuto dell’Onu.
Questi ostacoli potranno essere rimossi in un solo modo, come ha sempre indicato Israele e ha ribadito in numerose occasioni l’attuale governo: attraverso trattative fra l’Anp e Israele. Risolvere la questione dei confini, della sicurezza reciproca (e dunque in primo luogo di Israele che è stato attaccato in mille modi dagli arabi circostanti), dei cosiddetti rifugiati, del riconoscimento reciproco del carattere dei rispettivi stati (come si espresse la risoluzione dell’Onu del ’47, uno stato per gli Arabi e uno per gli ebrei). In sostanza l’accordo si potrebbe fare a patto che i palestinesi accettassero in via definitiva il diritto del popolo ebraico a un proprio stato nel territorio della sua storia, con confini sicuri. Questo riconoscimento è negato in maniera esplicita e violentissima da Hamas, ma in maniera più ambigua e mascherata (ma altrettanto ferma) dall’Anp, che dice di volere il programma politico dei “due Stati”, ma ha dichiarato a chiare lettere di non voler ammettere che essi siano “per due popoli”: una speranza di riconquista morbida e comunque il prolungamento di un’ideologia razzista nei confronti degli ebrei che è profondamente iscritta nella cultura islamica. Me l’ha spiegato personalmente il capo di una tribù palestinese che, pur dissidente, sosteneva che non è possibile dal punto di vista religioso per i musulmani accettare che una parte del territorio dell’Islam (cioè delle terre che sono state una volta conquistate dalle armi islamiche, come Israele, ma anche grandi pezzi d’Europa) sia di proprietà dei miscredenti.
Insomma, un vero Stato palestinese può nascere solo dalla pace con israele e la pace solo da un cambiamento profondo di mentalità e di atteggiamento, di cui non si vedono affatto neppure le premesse. E allora che cos’è stata la decisione dell’Onu? Propaganda internazionale, delegittimazione mediatico-politica di Israele,  tentativo di porre le basi per una guerriglia legale (di fragile fondamento, ne riparleremo). Un  tassello del programma politico dell’antisemitismo contemporaneo, cioè della lotta di lunga durata per distruggere lo stato ebraico, con le armi se si può e se non si può prima con altri mezzi e poi con le armi.

 

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