Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.

Testata: Informazione Corretta Data: 21 gennaio 2013  Autore: Ugo Volli.

 


Cari amici,

avete visto quel che succede in Mali? Brutta storia, no? Una guerra coloniale, l’hanno detto Ingroia (http://www.italiadeivalori.it/home/news/latest/20022-mali-ingroia-rivoluzione-civile-e-per-fermare-la-guerra-non-per-alimentarla), Vendola (http://www.sinistraecologialiberta.it/comunicati-stampa/vendola-errore-clamoroso-intervento-francia-in-mali/), anche qualche vescovo molto anticolonialista (http://www.meridianamagazine.org/20130118/mali-vescovo-accra-francesi-in-africa-per-ricolonizzare/#.UPzwB2eyl-w) e anche gli islamisti egiziani (http://english.ahram.org.eg/NewsContent/1/64/62757/Egypt/Politics-/Egypts-Islamists-protest-French-intervention-in-Ma.aspx) e il governo che ha espresso la speranza di una soluzione pacifica (http://english.ahram.org.eg/NewsContent/2/9/62509/World/International/Egypt-wants-a-peaceful-resolution-in-Mali-FM-spoke.aspx). Certo, combattere il terrorismo è male, bisogna cercare di venire a patti, riconoscere le ragioni che stanno sotto le “lotte”, capire che l’Europa e l’Occidente sono sfruttatori, qualunque cosa facciano. E’ meglio non difendersi, non bisogna aver paura dell’Islam che è buono.
E infatti, sapete che cosa ha fatto Israele? Nel tentativo di acquistarsi una sua credibilità come mediatore, e magari qualche buona fornitura di petrolio, qualche mercato aperto, qualche simpatia magari in Pakistan, in Arabia o in Irak, ha scritto un bell’appello per la pace e la coesistenza: “L’ambasciatore di Francia in Israele Christophe Bigot è stato convocato al ministero israeliano degli Affari Esteri: ‘Esortiamo i leader francesi (…) a dar prova di moderazione, perché questi atti sono controproduttivi e rendono più difficile la ripresa dei negoziati diretti tra gli islamisti e lo stato del Mali’, ha detto il portavoce per gli scaffali ministero israeliano.  Il presidente israeliano Shimon Peres ha parlato al telefono ieri con quello francese François Hollande, che ha consigliato “di non cadere nelle provocazioni che possono arrivare.” Shimon Peres, però, ha evitato di prendere posizione sulle responsabilità di questa “esplosione di violenza”. “L’urgenza non è quello di condannarla”, “bisogna soprattutto fermarla”, ha detto.
“Israele ha presentato alle Nazioni Unite un documento che condanna entrambe le parti. I combattenti islamici sono chiamati a “fermare immediatamente” gli attacchi contro Mali – un atto che Israele “condanna con forza” – mentre la Francia è chiamata alla moderazione. “La Francia ha il diritto di proteggere la popolazione del Mali di tali attacchi, ma per questo, la risposta deve essere proporzionata.” Il ministro degli Esteri israeliano, Laurent Fabius ha detto che la guerra non è un’opzione. Non è mai una soluzione. C’è urgenza di intervenire. Il capo della diplomazia israeliana ha lasciato Gerusalemme per la Francia “per richiamare tutte le parti a fermare l’escalation e ha proposto l’aiuto di Israele per raggiungere un cessate il fuoco immediato”, ha detto il ministero.” (http://www.dreuz.info/2013/01/mali-israel-demande-a-la-france-de-faire-preuve-de-retenue/)
Vi sorprende? Avete ragione.  Non è vero. Israele non si permetterebbe mai di trattare la Francia coma la Francia tratta Israele.  Non userebbe le parole chiave (moderazione, risposta proporzionale, cessate il fuoco immediato) che vengono impiegate automaticamente quando Israele si difende contro gli attacchi che provengono per esempio da gaza ed hanno la medesima matrice di quelli del Mali. Eppure fra l’ultimo lembo di terra a nord del Paese africano e il territorio metropolitano francese ci sono quattromila chilometri, mentre la distanza fra Gaza e i villaggi israeliani vicini come Sderot è di quattro o sei chilometri. Eppure non vi è nessuna probabilità che dal Mali partano missili per Marsiglia o Parigi, mentre da Gaza si bombarda Tel Aviv e Gerusalemme.
E, a proposito, che direste se Israele risolvesse il problema della legittimità degli insediamenti oltre la linea verde, chiedendo con un referendum ai loro abitanti se vogliono appartenere a Israele o all’Autorità Palestinese? Il risultato mi sembra fuori discussione. Dite che non vale, che bisogna sentire anche i loro vicini? Ci sarebbe uno scandalo mondiale se si prendesse un’iniziativa del genere, si parlerebbe di razzismo, di apartheid, di colonialismo ecc. ecc.? E allora perché la Gran Bretagna risponde alla richiesta argentina di annessione della Falklands/Malvinas, riproposta in questi giorni con forza e appoggiata dall’Anp (http://ivarfjeld.wordpress.com/2011/01/17/enemies-of-israel-are-rubbing-each-others-back/), con un referendum fra i suoi abitanti e solo questi (http://en.wikipedia.org/wiki/Falkland_Islands_sovereignty_referendum,_2013)?  Eppure fra le Falkland e il territorio inglese corrono circa 17 mila chilometri, fra Ariel, il più isolato dei grandi insediamenti in Giudea e Samaria e la linea verde appena una dozzina, per non parlare del fatto che niente del patrimonio storico e culturale britannico ha a che fare con le isole sperdute nell’Atlantico meridionale, mentre le colline della Giudea e della Samaria sono il luogo storico della formazione di Israele, come racconta nei dettagli la Bibbia.
Chiariamo, io sono favorevole alla difesa del Mali contro gli islamisti e anche all’autodeterminazione delle Falkland, dove gli inglesi sono stanziati da metà dell’Ottocento (con la stessa legittimità o illegittimità coloniale dei bianchi in Argentina), la popolazione è tutta anglofona, e che distano dal territorio argentino circa 500 chilometri, non certo pochi passi. Ma in questa storia c’è un grado intollerabile di doppia misura. Perché la Francia, riservandosi di difendere i suoi ex territori africani, la cui caratteristica coloniale è chiarissima, non perde occasione di mostrare appoggio alla “lotta di liberazione” degli arabi contro Israele, anche negando per bocca del suo console a Gerusalemme, il legame storico del popolo ebraico con la città, che è al centro delle narrazioni bibliche e anche evangeliche (http://www.breitbart.com/Big-Peace/2012/10/14/French-Consul-Denies-Jews; http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/160757#.UPz-Y2eyl-w) e la Gran Bretagna ha protestato perfino contro il provvedimento che promuove il centro universitario di Ariel al rango di Università come un “attentato alla pace” (http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/u-k-deeply-disappointed-by-israel-s-upgrade-of-west-bank-college-1.490450). Due pesi e due misure? E già. Quel che è lecito a Francia e Gran Bretagna, l’autodifesa e la tutela dei propri diritti, a Israele è proibito e considerato con sdegno. Del resto anche per gli abitanti dei ghetti l’autodifesa era considerato un intollerabile atto di arroganza che metteva il malcapitato che ci provasse dalla parte del torto. Che volete, siamo ebrei.

 

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