Testata: Informazione Corretta
Data: 24 aprile 2013
Autore: Ugo Volli.

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.


Genocidio armeno


Cari amici,

voglio ricordare oggi l’anniversario del genocidio degli armeni compiuto dai turchi, che iniziò 98 anni fa, il 24 aprile 1915. I documenti, anche di fonte turca, in particolare dei primi processi tenuti prima dell’instaurazione del regime nazionalista di Atatürk, e le testimonianze dell’epoca mostrano che non si è trattato affatto di una serie di incidenti e di maltrattamenti più o meno casuali, come sostengono ancora oggi i turchi, ma di un piano deliberato, ben organizzato, con un uso pianificato delle risorse, che aveva lo scopo della distruzione del popolo armeno dalle sue terre d’origine (il Caucaso meridionale, l’Anatolia orientale, il territorio fra la valle dell’Eufrate e la Siria settentrionale) e dal resto dell’impero ottomano. Furono prima eliminati intellettuali e leader politici, poi la popolazione fu rastrellata, in parte uccisa sul posto, in parte distrutta in “marce della morte” verso il deserto, che furono imitate dai nazisti nella fase finale della Shoah. Del resto al genocidio degli armeni parteciparono anche ufficiali tedeschi che utilizzarono l’esperienza venticinque anni dopo contro il popolo ebraico, quanto soldati arabi che la ripeterono in seguito in terra d’Israele. Fra loro vi era anche il futuro muftì di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, collaboratore attivo dei nazisti e amico personale di Hitler.


Gran Muftì di Gerusalemme con Adolf Hitler

Nel mondo ebraico, che sul momento contribuì alla testimonianza del genocidio armeno ed era indicato dai “giovani Turchi” come possibile nuova vittima della pulizia etnica dell’impero ottomano, dopo la fondazione di Israele vi è stato un certo ritardo nel denunciare apertamente il crimine turco. La ragione è da un lato il bisogno disperato che Israele ha avuto per decenni di alleati dietro gli assedianti arabi (la strategia del “secondo cerchio” di Ben Gurion), fra cui la Turchia che con l’Iran aveva una funzione eminente, ormai rovesciata da molto tempo, che non permetteva allo stato ebraico di maldisporre questi stati ricordando loro le colpe del passato. Dall’altro il sentimento dell’unicità della Shoah, che è certamente fondato se si guarda alla sua continuità con una persecuzione millenaria e diffusa dappertutto e alla sua matrice teologica o metafisica, non politica, al razzismo che la estendeva anche a coloro che non erano più parte attiva del popolo ebraico da generazioni; ma che non impedisce affatto di riconoscere l’esistenza di altri progetti di distruzione di massa di popoli interi nel passato e nel mondo contemporaneo. Il genocidio armeno è il primo del Novecento, quello che segna per certi versi il modello degli altri. Oggi però vi è una maggiore consapevolezza fra gli ebrei della fraternità con gli armeni per l’essere stati entrambi vittime di giganteschi crimini contro l’umanità. Solo per citare due esempi, alla Knesset vi sono state prese di posizione per il riconoscimento ufficiale del genocidio armeno e una cerimonia ufficiale si è svolta stamani nella comunità di Roma, alla presenza dell’ambasciatore armeno.

E’ importante ricordare questa tragedia. Non solo perché l’umanità è una sola, e ogni crimine contro di essa offende tutti. Non solo perché la memoria dei crimini è il miglior freno alla loro ripetizione – e a differenza della Germania, benché siano passate tre o quattro generazioni dai fatti, la Turchia continua il suo negazionismo di stato e le voci coraggiose che si levano di tanto in tanto a rompere il silenzio di stato sono duramente represse. Ma anche perché le ragioni profonde del crimine sono ancora presenti e attive. Queste cause sono essenzialmente due. Una è nazionale. Nato come grande impero multinazionale e multietnico, anche se frutto di una serie selvaggia di invasioni e conquiste militari, l’impero ottomano si ritrovò alla fine della Prima Guerra mondiale ridotto alla grandezza di uno stato normale, espulso dai Balcani e dal Medio Oriente – ma ancora multietnico. I turchi erano una piccola minoranza nel loro stato e ancora sono ben lontani da una solida maggioranza. Invece di accettare le differenze e perseguire una linea federatrice, scelsero la strada della pulizia etnica e della repressione. Espulsero fra immani sofferenze molti milioni di greci, che vivevano sulle coste dell’Anatolia da tremila anni e l’avevano costellata di splendide opere di architettura classica e cristiana. Distrussero per quanto poterono gli assiri e le altre popolazioni cristiane. Cercarono di cancellare gli armeni dalla faccia della terra. Ancora oggi negano ostinatamente ai curdi, che sono almeno il 30% della popolazione, il diritto alla loro lingua. Pulizia etnica e assimilazione forzata sono state politiche costanti negli ultimi cento anni. Il nuovo regime di Erdogan cerca di recuperare il più possibile l’influenza di un tempo, secondo una pericolosa politica neo-ottomana. Ricordare il genocidio armeno vuol dire anche aver presente questo grave problema di intolleranza culturale e espansionismo, che toccherebbe direttamente l’Europa se la Turchia entrasse nell’Unione, come molti per miope calcolo economico vorrebbero.

La seconda ragione è più vasta. Il genocidio fisico o culturale è un modo di operare caratteristico dell’Islam. Il progetto di distruzione degli armeni fa seguito alla scomparsa delle comunità cristiane e dei diversi popoli che le sostenevano. Spesso si dimentica che buona parte di quello che oggi si chiama mondo islamico e in particolare arabo è il frutto di una politica di distruzione delle resistenze e di assimilazione che progressivamente spazza via i popoli che conquista o in cui si insinua. Così è stato più di mille anni fa per il Maghreb, ma poi più di recente per la Mesopotamia, il Levante libanese e siriano, l’Anatolia, parti dell’India, con tracce nei Balcani e nella penisola iberica. Dove arriva l’Islam con gli eserciti o con i “pacifici immigrati”, prima o poi diventa maggioritario e trova il modo di eliminare le differenze religiose e spesso anche quelle etniche e culturali. I baluardi che resistono vengono assediati, isolati, minacciati, come accade ancora in questi giorni ai copti, che sono gli egiziani autoctoni, e poi distrutti. E’ un processo che in buona parte del Medio Oriente (in Siria, in Libano, nei territori amministrati dall’Autorità Palestinese) ha raggiunto la fase finale, ma che è iniziato con l’immigrazione e si svolge con straordinaria velocità anche nell’Europa democratica ed accogliente. Ricordare il genocidio armeno, che fa seguito all’infiltrazione turca e islamica in territori che erano cristiani da un millennio, abitati da popolazioni di lingua indoeuropea, è importante per capire lucidamente il processo in corso in città come Bruxelles, Anversa, Malmoe, dove l’Islam sta diventando maggioritario, e che cosa ne potrebbe seguire.

 

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