evyatarTestata: Informazione Corretta
Data: 01 maggio 2013
Autore: Ugo Volli

Cronaca di due morti non indifferenti
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A sinistra, Evyatar Borovsky, ucciso alla fermata dell’autobus da un terrorista palestinese.

Cari amici,

due persone sono state uccise ieri in Medio Oriente – mi correggo, due nei territori contesi fra israeliani e arabi, probabilmente molte decine o centinaia (nessuno può tenere il conto) in Siria. La due morti sono state raccontate dai giornali come più o meno simmetriche: un arabo a Gaza, un israeliano in “Cisgiordania”. Con l’aggravante che la morte di Gaza provocata da un “razzo” israeliano avrebbe provocato la “rottura della tregua” concordata alcuni mesi fa con Hamas e l’Egitto. E l’attenuante che l’altro morto sarebbe stato un “colono”. Tutti i giornali hanno più o meno presentato la cosa in questi termini, al massimo aggiungendo che i due episodi non sono legati fra loro.

E’ difficile trovare un caso più palese di disinformazione o di menzogna omissiva e vale dunque la pena di analizzarlo un po’. Partiamo dall’episodio di Gaza. Quel che i giornali non dicono e che non hanno detto neanche in precedenza è che nei giorni scorsi è ricominciato lo stillicidio dei bombardamenti sulla zona meridionale di Israele con missili e colpi di mortaio provenienti da Gaza. E’ la dinamica che si ripete da quando  otto anni fa Sharon decise di abbandonare completamente Gaza, conquistata nella guerra difensiva del ’67. Nessuno avrebbe impedito allora agli abitanti di Gaza di dedicarsi tranquillamente al commercio, all’industria, all’agricoltura, nessuno si sognava di dovere bloccare Gaza allora. E però la Striscia liberata è diventata una piattaforma di lancio per razzi e altri attentati. Sono stati più di diecimila in questi anni. Figuratevi una cosa del genere sull’Italia che venisse da San Marino, Monaco o Lugano. La risposta di Israele è sempre stata moderata e mirata: rappresaglie su singoli terroristi in seguito a bombardamenti isolati, operazioni di distruzione delle infrastrutture del lancio dei razzi quando l’attacco si faceva sistematico.

L’altro ieri è successa la prima forma di autodifesa: dopo che da Gaza si era rotta la tregua con ripetuti lanci di razzi su Sderot e dintorni, l’aviazione ha individuato “una figura chiave del terrorismo” (così Netanyahu), responsabile dei recenti bombardamenti su Eilat e l’ha eliminata con un colpo ben riuscito, senza nuocere ad altri. Era un terrorista, lo ripeto, col sangue sulle mani e ancora impegnato nella sua attività criminale. Si chiamava Haitam al Hassal, il suo ultimo attentato erano i razzi su Eilat del 14 aprile. Un atto militare, che elimina un nemico armato e insieme un messaggio politico: l’attacco a Israele non sarà accettato mai come normale, ogni attentato avrà risposte adeguate. Se vogliamo essere realistici sono le regole del gioco. La chiave della calma su Gaza sta nelle mani dei terroristi islamici. Se vogliono evitare di essere bersaglio di rappresaglie, basta che rispettino la tregua e nessuno li andrà a cercare. Israele non ha interesse al disordine né alla guerra, nè vuole occupare un territorio che ha lasciato volontariamente; a Sderot vogliono coltivare la terra e fare industria, non certo spararsi con i dirimpettai di Gaza.

Tutt’altra storia è quella dell’assassino Salam As’ad Al-Zaghal  che ha ucciso l’israeliano Evyatar Borovsky  a una fermata dell’autobus in Samaria (http://www.jpost.com/Arts-and-Culture/Arts/West-Bank-Terrorist-kills-Israeli-at-Tapuah-junction-311545). Intanto Borovsky, padre di cinque figli, non aveva altra colpa se non l’essere israeliano e passare su quella strada. Si sa che era religioso,  si sa dove abitava, in un posto accanto al luogo del suo assassinio.
Il killer non lo conosceva e non aveva nulla contro di lui personalmente. L’ha ucciso per un odio generale, astratto, che non possiamo non dire antisemita. Lui invece Al-Zaghal era un ex carcerato dei molti che liberati in seguito allo scambio per la liberazione di Shalit, che sono tornati al terrorismo. Si dice anche che l’abbia fatto per cancellare la “macchia al suo onore” costituita dall’accusa fatta a suo fratello di collaborare con Israele. Un uomo scelto a caso ucciso per “riabilitare l’onore” di un terrorista: solo una mente e una cultura malata può sostenere una cosa del genere.

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Il terrorista Al-Zaghal, assassino di Evyatar Borovsky

E in effetti Al-Zaghal è stato sostenuto, anzi di più, esaltato dai media dell’Autorità Palestinese (quella buona e moderata, che discetta di pace con interviste ai giornali). “Eroe” viene definito sulla pagina Facebook di Fatah (http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=8881 ). Non è un incidente, questa esaltazione degli assassini, è uno schema regolare e costantremente ripetuto: chi ammazza gli israeliani (gli ebrei israeliani, ovviamente) è un eroe “a prescindere”: http://www.palwatch.org/main.aspx?fi=448 .  Bisogna chiedersi e chiedere ai pacifisti (e ai giornalisti che queste cose non le scrivono): si può fare la pace con quelli che continuano a predicare che “uccidere gli ebrei non è reato”. E si può usare lo stesso peso, la stessa misura per l’eliminazione di un terrorista, come rappresaglia e monito a cessare gli attacchi e l’assassinio a sangue freddo di un passante qualisasi (anzi non qualsiasi, ebreo)? E’ vero che ogni essere umano è un mondo e ogni morte è la perdita di un mondo. Ma questi mondi vanno pesati, valutati, raccontati. E così si capisce che cosa si perde per davvero. Questo sarebbe il mestiere dei giornalisti. Peccato che non lo facciano mai, almeno sul Medio Oriente.

 

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