1509Testata: Informazione Corretta
Data: 15 settembre 2013
Autore: Ugo Volli

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

gli anniversari sono ormai da tempo uno dei contenuti standard delle pagine culturali dei giornali, e questo è uno dei segni di una certa sterilità culturale della nostra società. Parlare di un autore o di un evento solo perché la sua data dista dalla nostra di una cifra tonda non implica rivendicare una qualche continuità o attualità, ma solo trovare un pretesto per la grande macchine di produzione di parole che sono i media. E però certi anniversari valgono la pena di essere ricordati, anche se non sono centenari, per il fatto che ciò che ci fanno ricordare influisce ancora su di noi, sulla nostra vita, indicano dei problemi o delle possibilità ancora attuali. Mi permetterò così di sottoporvi due di questi anniversari, uno oggi e uno nella prossima cartolina.


Ettore Ovazza

Il primo è questo. Settantacinque anni fa in un comizio a Trieste Benito Mussolini annunciò l’inizio della campagna della razza, che si concretizzò poi molto rapidamente nelle leggi razziste. Notate che era il ’38, mancava un anno all’inizio della guerra, i nazisti non erano affatto in grado di imporre a Mussolini la sua politica, anzi proprio pochi giorni dopo fu lui il grande vincitore della conferenza di Monaco, mediando fra i governi inglese e francese disposti a rimangiarsi i patti pur di non affrontare Hitler e la Germania nazista. Dunque le leggi razziste non derivarono da pressioni esterne, ma dalla volontà autonoma del fascismo, dalla sua natura profonda, nonostante tutte le illusioni che avevano portato buona parte dell’ebraismo italiano ad allinearsi al regime. Bisogna ricordare il caso del giornale ebraico “La nostra bandiera”, che aveva sede a Torino ed esprimeva posizioni apertamente filofasciste, fino a organizzare la repressione violenta dei pochi sionisti italiani. Il suo leader Ettore Ovazza non fu per questo risparmiato, ma fu espulso dal partito fascista, costretto a liquidare i beni di famiglia e discriminato in tutti i modi. Settant’anni fa, nell’autunno ’43, riuscì ad attraversare in Svizzera e a rifugiarsi nel Vallese. Ma la polizia svizzera lo arrestò e lo rimandò indietro in Italia (non fu l’unico caso in cui l’ “ospitale” repubblica elvetica si rese complice dello sterminio degli ebrei, soprattutto sul confine tedesco, ma anche su quello italiano). Ettore Ovazza fu affidato dalla polizia italiana ai nazisti a Domodossola, costretto a confessare il nascondiglio della sua famiglia, fu ucciso il 9 ottobre in una scuola di Verbania-Intra e i suoi resti bruciati in una stufa. La sua famiglia ebbe la stessa sorte due giorni dopo. (http://it.wikipedia.org/wiki/Ettore_Ovazza ).

Ma torniamo alle leggi razziste. Non solo non vi fu nessuna pressione esterna, ma neppure una significativa resistenza interna. Gli ebrei insegnanti e studenti furono espulsi da tutte le scuole del regno, coloro che avevano un lavoro di responsabilità furono licenziati, le loro imprese espropriate. Le varie associazioni, sindacati, accademie, ordini, enti vari li espulsero seduta stante. Non si poteva più essere ebrei e imprenditori, insegnanti, o anche solo membri del Touring Club (che in quel momento si chiamava, per impegno di autarchia, “Consociazione Turistica Italiana” e “fu il primo a buttarci fuori”, come mi disse mio nonno cinquant’anni fa, quando volli iscrivermi a quell’ente). I matrimoni misti erano un reato penale. I negozi ebraici venivano boicottati, un po’ come vorrebbero fare oggi i palestinisti per punire Israele per i “suoi crimini. Allora erano gli ebrei ad essere puniti per i loro, cioè per essere nemici della nazione, affamatori del popolo e quant’altro: la continuità dei boicottaggi è evidente a chi ha un minimo di onestà intellettuale.


Margherita Hack

Parlando con chi ha vissuto quel periodo, leggendo le loro memorie, studiando un po’ di storie, il dato che emerge è che non ci fu affatto una resistenza collettiva e spesso neanche individuale a questi provvedimenti. L’ammissione tardiva di Margerita Hack di essere rimasta in silenzio e di non aver espresso alcuna solidarietà quando la sua professoressa di scienze ebrea fu cacciata dal liceo non racconta una situazione eccezionale, ma la norma. Gli ebrei stranieri, magari rifugiati dalla Germania, furono espulsi; quelli italiani furono cacciati da scuole e università, da lavori e associazioni nell’indifferenza generale, di solito non ebbero neppure espressioni di solidarietà personali, per lo più i rapporti con amici e compagni di scuola si interruppero “spontaneamente”. I loro posti, le loro imprese e le loro case furono occupati tranquillamente e senza rimorsi, mentre nel dopoguerra una resistenza strenua fu opposta alla restituzione, tanto sul piano personale che su quello politico. Personalità illustri come Croce e Merzagora ammonirono nel dopoguerra i reduci dalle persecuzioni e spesso nei campi a non essere arroganti, a non pretendere dei diritti che non meritavano (cioè la restituzione di quel che era stato loro rubato). La Chiesa si oppose alle leggi razziali solo per quanto riguardava i convertiti, cioè il potere del battesimo di cancellare l’ebraismo. Per il resto sostanzialmente le approvò e ne chiese dopo il ’45 il mantenimento parziale, cioè nelle parti in cui si discriminavano gli ebrei che avevano conservato la loro fede. Numerosi intellettuali e futuri politici (per fare solo due nomi, Giorgio Bocca e Amintore Fanfani) si affrettarono a firmare l’appello per la difesa della razza, e nessuno provò ad alzare la voce per contestarlo. Nenache dall’estero, neanche dal partito comunista clandestino.

Altro che “Italiani brava gente”. I cinque anni fra il discorso di Mussolini e l’8 settembre, quando iniziarono i rastrellamenti nazisti, furono un percorso durissimo di persecuzioni tutte italiane, fasciste e non naziste. Certo non era Auschwitz, ma la sua logica premessa, non diversa da quella che il nazismo aveva allestito con le leggi di Norimberga un paio d’anni prima. E tutto questo, lo ripeto ancora una volta, senza resistenze anche tacite, senza ritardi, senza proteste. Senza opposizione dalla monarchia o dalla Chiesa. Con pochissima solidarietà anche sul piano personale dell’amicizia. Questo va ricordato oggi quando una buona metà degli europei (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=50675 ) e un buon terzo degli italiani si permette di pensare che Israele sia “nazista”. Che cosa sono 75 anni rispetto alla storia? Un battito di ciglia. E i figli e i nipoti di coloro che hanno volonterosamente collaborato alle leggi razziste oggi sono tentati di boicottare Israele.

 

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