CORRIERE della SERA di oggi, 19/05/2014, a pag. 13 dell’inserto locale di MILANO, l’articolo di Haim Baharier dal titolo “Intorno alla lingua ebraica: un panorama imprevedibile”.
L’articolo anticipa l’intervento di Baharier all’incontro dal titolo “Abbiamo una lingua” organizzato per la Giornata mondiale della lingua ebraica dall’ Associazione Italia Israele di Milano e dalla Federazione sionistica italiana, con il patrocinio della comunità ebraica (ore 21, 19/05/2014, Conservatorio G.Verdi, sala Puccini, via Conservatorio 12, Milano. Relatori: Giuseppe Frachetti, Sara Ferrari; Haim Baharier, Alberto Cavaglion. Modera Maria Modena Mayer. Recital di Yonit Shaked Golan e Zvi Semel ).

Haim Baharier

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Ha ragione chi sostiene che la lingua ebraica sia lingua povera. Ha ragione chi sostiene sia invece ricca. Il glossario non è abbondante, perciò ogni parola si fa preziosa. In più la parola è consonantica, il lettore deve vocalizzarla; per farlo è posto dinanzi a una scelta, vocalizzare nel senso di un significato rispetto a un altro. Però non si tratta di un bivio, le direzioni non sono mai del tutto opposte; ognuna reca in sé un po’ dell’altra. Sono strade, dunque significati, che spesso si riavvicinano, godono dello stesso paesaggio. Gli addetti ai lavori parlano di polisemia, di anfibologia. Chiunque si cimenti con la sua lettura, come gli interpreti della lingua, parla invece di panorami sempre imprevedibili, mutevoli, aperti a orizzonti di pensiero inaspettati. Come a dire che la lett(u)ra non è mai alla lett(e)ra. È la lingua stessa che suscita il lettore, che cerca e trova in lui la propria ricchezza al fine di renderla condivisibile. È la lingua che lo responsabilizza. Mi spiego meglio con un esempio. Leggo le primissime parole della Bibbia, bereshit barà Elo(h)ìm: in principio Elo(h)ìm creò. Poi apro e colmo degli spazi, vocalizzo diversamente la partitura senza cambiarne alcuna nota, e canto: berosh itbara Elo(h)ìm, per mezzo del principio Elo(h)ìm si creò… In questo modo, ho liberato lo spazio per il percorso di conoscenza. Una breve nota di metastoria. Il Monte Sinai non è, come molti sono indotti a immaginare, il set di un peplum hollywodiano. E’ il luogo dell’emergenza di una lingua che suscita un codice di Legge per un popolo di schiavi in cammino verso la terra di Canaan, la terra donata. La storia dell’uomo diventa la storia di questo popolo che va verso la terra e nell’andarci, caso unico nella storia degli uomini, riceve la sua Costituzione prima di farsi nazione. Nel pensiero d’Israèl la santità è separatezza, discernimento. La lingua ebraica, chiamata la lingua di santità, si costituisce a paradigma della santità. Sorge povera dall’indistinto e costringe al discernimento. Quando una parola ha dieci significati, quanto discernimento ci vorrà per ritrovare il significato di quella parola nel suo contesto! Questa lingua non mastica per noi, non pre-digerisce la comunicazione, ma ci costringe ad affrontarne la sfida. A mio parere, una tale lingua dà dignità all’essere umano. Di questo e altro parlerò questa sera in Conservatorio. E ascolterò gli altri interventi con lo spirito di chi spera sempre in un punto di vista ricco di significati.

 

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