FINO ALLA DINE DI HAMAS. I TANK DI ISRAELE A GAZA. “ED E’ SOLO L’INIZIO”
di Michael Sfaradi

GERUSALEMME (ISRAELE). L’attacco di terra è nel pieno, i tank sparano direttamente su Gaza. Sono migliaia i militari israeliani entrati nella Striscia, le Sayeret (commando) Nahal, Golani e Paracadutisti appoggiati dal Genio guastatori e con il supporto di artiglieria e mezzi corazzati operano per raggiungere nel più breve tempo possibile gli obiettivi indicati.

Sono stati neutralizzati decine di tunnel sotterranei e negli scontri a fuoco con i miliziani di Hamas si è registrata la prima perdita, un sergente di 20 anni, e alcuni feriti leggeri, mentre 13 combattenti palestinesi sono stati uccisi e nove fatti prigionieri. Ma complessivamente le vittime palestinesi sarebbero una trentina. Peraltro, almeno 115 missili sono stati lanciati verso Israele, dieci dei quali neutralizzati su Tel Aviv dal sistema Iron Dome. La Knesset, il parlamento israeliano, ha accettato la richiesta del richiamo di 18.000 riservisti e la messa in allerta di altri 5.000: principalmente soldati di fanteria, artiglieria e tankisti, e questa richiesta fa il quadro con alcune dichiarazioni di Netanyau sul fatto che un allargamento del conflitto è sempre più probabile. Perché le notizie che arrivano dal fronte e le immagini dei tunnel pubblicate dal portavoce dell’esercito danno un quadro addirittura più grave di quel che si pensava all’inizio delle operazioni.

L’ONU E IL PAPA

Sul piano diplomatico, c’è da dire che Israele non ha dovuto subire le bordate che molto spesso accompagnano le sue azioni di autodifesa. In effetti,dopo aver ben gestito le fasi che hanno preceduto l’inizio dell’operazione militare, aver rispettato due cessate il fuoco,aver subito il lancio di centinaia di missili dalla Striscia di Gaza verso lo Stato Ebraico e aver alla fine lanciato l’offensiva di terra,Netanyahu sta incassando l’appoggio di diversi governi occidentali. Molte sono le cancellerie che hanno avvalorato in maniera chiara e inequivocabile il diritto di Israele all’autodifesa: fra queste spiccano i governi canadese, tedesco e statunitense, anche se proprio la Casa Bianca, che dovrebbe essere il Grande Alleato, quando si tratta di schierarsi fa dichiarazioni che sembrano uscite da un limbo di incertezza. Angela Merkel invece, durante una conferenza stampa per l’incontro estivo con i media, ha dichiarato che le operazioni militari in Medio Oriente debbono essere portate avanti in modo misurato, ma nel contempo ha ribadito che la Germania in questo momento di crisi appoggia il diritto di Israele all’autodifesa. E se il segretario dell’Onu Ban Ki Moon da una parte ha prontamente deplorato l’azione di terra da parte dell’esercito israeliano, dall’altra-durante una nervosa telefonata con Netanyahu – ha dovuto subire le proteste per il fatto che le fotografie dei missili conservati all’interno della scuola dell’Onu ancora non sono state ufficialmente pubblicate, e che nei commenti ufficiali non si menzionano mai i missili che Hamas lancia verso Israele con la chiara intenzione di colpire la popolazione civile. Il Papa,da par suo,ha lanciato un appello alle parti per un cessate il fuoco.

PROBLEMI TURCHI

In Turchia,ancora dal punto di vista diplomatico, le cose vanno anche peggio. Ankara e Gerusalemme, che nel tempo si erano riavvicinate, sono ora allo strappo, soprattutto dopo le dichiarazioni del premier Recep Tayyip Erdogan, che più volte in questi giorni ha paragonato Israele al terzo reich e l’IDF all’esercito nazista, e con presidente Abdullah Gül che ha minacciato direttamente Israele dichiarando che la Turchia non rimarrà a braccia conserte. Tutto questo mentre scontri violenti si consumavano davanti all’ambasciata di Israele ad Ankara e al consolato di Istanbul.
L’altra sera il ministro degli Esteri israeliano Liberman ha dato ordine ai diplomatici in servizio in Turchia e alle loro famiglie di rientrare in patria. Sono rimaste solo le persone necessarie per mantenere aperta la legazione, con l’ordine di non uscire dagli edifici che godono della extraterritorialità. Che la situazione sia davvero tesa lo si capisce da alcune agenzie di stampa che riportano la notizia delle minacce subite dalle piccole comunità ebraiche turche.

 

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