Fiamma Nirestein
Il Giornale, 10 gennaio 2015

Cade la neve su Gerusalemme.Silenzio. Bianco. C’ un attimo di silenzio totale nell’istante subito dopo le esplosioni, è una beffa che dura un istante prima delle urla dei feriti e delle sirene delle ambulanze e della polizia. Ne abbiamo visto fino a contare circa duemila morti. Adesso mentre qui è bianco, il silenzio è amico, si parla in casa di piccole cose (riscaldamento, elettricità) e il paradosso è enorme: la gente guarda fissa la TV perché il terrore si è rovesciato su Parigi. Guarda con ansia particolare, partecipata, quelle scene purtroppo familiari se non si svolgessero tanto lontano: Israele soffre con Parigi, in diretta su tutti i canali, Netanyahu chiede se può mandare aiuto, con un ghigno di soddisfazione l’estremismo islamico che qui è sgradito compagno di strada adesso ha ridotto in ginocchio la Francia.

Com’è possibile che accada a una città protetta dalla sua infinita bellezza e dalla sua storia, che fino ad oggi ha creduto di non potere umanamente essere messa in discussione? A differenza di Parigi, Gerusalemme ha sempre saputo di avere tanti nemici: le forze di polizia, l’esercito, il loro training, la noiosa procedura che fruga i cittadini ad ogni ingresso di un luogo pubblico, l’osservanza delle norme di sicurezza per cui ogni pacco abbandonato è in potenza una bomba, l’eroismo personale dimostrato dai guidatori di autobus come dai camerieri e dai commessi… Insomma lo scudo di difesa di questo Paese ha fornito una certa grinta ai cittadini, non hanno dubbi che sconfiggeranno il nemico nonostante la nuova era dei “lupi solitari”. Israele l’ha detto e ripetuto, ed ora è vero: se non si combatte il terrore, si moltiplicherà in tutto il mondo. Parigi è stata colta alla sprovvista, un po’ non sapeva, un po’ non ha voluto sapere, i segnali e gli indizi c’erano: ma la guerra terrorista ha mostrato le zanne ancora di più di quanto non avesse già fatto nei pure immensi attentati di Madrid e di Londra.

L’altissimo simbolismo degli obiettivi, un giornale che osava dire quello che pensava e un supermarket casher, quindi frequentato soltanto dalla comunità ebraica, assalito di venerdì sera quando le famiglie fanno gli acquisti per il santo Sabato, dice ai francesi per primi, che a seconda dello sviluppo del folle piano degli islamisti ciascuno può diventare carne da macello, una pietra miliare sulla strada del Califfato mondiale. Parigi ieri si è chiusa in casa: le strade di tradizione ebraica, il Marais, Rue de Rosiers, sono state chiuse dalla polizia ai turisti e al passaggio degli abitanti; intorno alla Porte de Vincennes, quartiere del supermercato Hypercasher non si vedeva un’anima. I parigini hanno guardato ore e ore la tv proprio come fanno gli israeliani a ogni attentato e rapimento, sperando nella liberazione che poi è arrivata verso sera. La città ha respirato quando si è saputo che tutti i prigionieri erano stati liberati e tutti i rapitori, in ambedue gli attentati terroristi uccisi; ma il risultato non convince, resta la paura di che cosa accadrà la prossima volta, quattro morti innocenti dopo i dodici di mercoledì sono tanti, possono essere qualsiasi compratore al super.

Come è potuto accadere che personaggi legati alla jihad islamica, che si conoscevano, che il giorno avanti avevano già ucciso, abbiano subito colpito di nuovo, come hanno potuto tenere in pugno una capitale del mondo… La città ha cominciato a segnalare bombe al Trocadero, alla Tour Eiffel, la polizia ha messo transenne ovunque, varie scuole sono state chiuse, le istituzioni ebraiche sono state piantonate tutte. Non vale molto che la maggior parte delle strade fosse sorvegliata da parte di quegli 88mila uomini delle forze dell’ordine che lo Stato ha sfoderato. Altri quattro innocenti sono stati massacrati subito il giorno dopo Charlie Hebdo, la gente se lo ripete e sente che può capitare ancora, e sente che mancano le armi in questa guerra senza soluzione in vista. Chiese, stazioni, sinagoghe, treni… Tutto può essere il prossimo obiettivo, ma in particolare, gli ebrei sono attaccati dai musulmani estremisti, uno ad uno. Per loro, camminare per strada da tempo significa botte e insulti nella loro città, a Parigi.

La comunità terrorizzata è perseguitata ormai da anni dagli attacchi dei musulmani estremisti che odiano e condannano a morte i “sionisti”: la prima orribile vicenda fu quella di Ilan Halimi, un ragazzo rapito, torturato per giorni al ritmo dei versi del Corano, gettato in fin di vita in una discarica. La polizia si rifiutò di esplorare la pista antisemita, che pure la madre di Halimi le indicava con sicurezza. Così Halimi è morto, e lo hanno seguito i bambini della scuola di Tolosa, uccisi da un jihadista francese. Parigi in queste ore medita sulla famosa poesia di Martin Niemoller: “Quando vennero per gli ebrei e i neri distolsi gli occhi, poi per gli scrittori e pensatori… distolsi gli occhi… quando vennero per me non era rimasto più nessuno”.

fiammanirenstein.com

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.