La National Lgbtq Task Force è la più grande organizzazione gay d’America. Dal 20 al 22 gennaio è riunita a Chicago per promuovere la causa omosex e transgender negli Stati Uniti. Quale posto migliore per omaggiare Tel Aviv, nominata “città più gay friendly del mondo”? E invece no. La pressione degli attivisti anti-israeliani ha spinto il conclave Lgbt ad annullare un ricevimento con i leader della comunità gay israeliana. “Siamo rattristati per quella che sembra essere la capitolazione alle intimidazioni di un piccolo numero di estremisti anti-israeliani che vogliono chiudere le voci di coloro che non aderiscono alla loro linea di partito” ha detto Arthur Slepian, direttore di “A Wider Bridge”, l’organizzazione israeliana cacciata.

I capi della comunità gay d’America hanno così deciso di non invitare i rappresentanti dell’unico paese mediorientale dove gli omosessuali hanno il diritto a esistere: chiunque atterri a Tel Aviv o a Gerusalemme o a Haifa “vede” l’omosessualità per le strade e nei caffè, nelle discoteche e nei centri commerciali, nelle annuali sfilate dell’orgoglio gay e in divisa. Ma non solo, Israele ha anche l’esercito più gay friendly del mondo. Un soldato in Israele è un soldato, al di là del sesso del partner che lo aspetta a casa. Alla fine, nel disonore e nell’ipocrisia per la National Lgbtq Task Force, la delegazione israeliana è stata reinvitata.

Ma non è la prima volta che la cultura queer si scaglia contro lo stato ebraico. Gli organizzatori della Gay Pride Parade di Madrid, una delle più importanti del mondo, nel 2010 decisero di non invitare le associazioni gay e lesbiche di Tel Aviv alla loro sfilata dell’orgoglio omosessuale. L’allora portavoce del ministero degli esteri israeliano, Yossi Levy, parlò d una “decisione molto triste e preoccupante: la Sfilata dell’Orgoglio diventa la Sfilata della Vergogna”. A San Francisco, attivisti gay hanno inscenato proteste contro il Frameline Lgbt Film Festival soltanto perché il governo israeliano figurava tra i suoi sponsor. A Stoccolma, una conferenza sui diritti gay è stata interrotta da militanti Lgbt antisraeliani. E alla marcia dell’orgoglio gay di Berlino, i gay israeliani sono stati costretti a pubblicizzarsi come “delegazione di Tel Aviv” anziché “di Israele” per evitare la protesta. E non importa se Israele nel 2014 ha salvato, concedendo loro diritto di asilo, 1.034 gay palestinesi, che altrimenti sarebbero andati incontro a morte sicura per mano dei predoni islamisti. L’ipocrisia del mondo Lgbt si era visto già l’estate scorsa, quando a Stoccolma si tenne uno speciale gay pride. E i militanti Lgbt deciso di protestare con gli incauti organizzatori della parata, la destra liberale nazionalista. Il motivo? La presenza di cittadini di fede islamica nei quartieri dove sarebbe dovuta passare la marcia. A scandalizzarsi era stata l’Rfsl, l’organizzazione gay finanziata dal lauto welfare svedese.

E’ il film Yossi & Jagger, la storia d’amore tra due ufficiali dell’esercito israeliano in una nazione sconvolta dall’angoscia terroristica. La storia di due uomini che scoprono di amarsi mentre fanno la guardia in un remoto avamposto di frontiera sul Golan. Decisi a non farsi piegare da chi, oltre confine, agli omosessuali vuole staccare la testa. Ma i perbenisti moralisti dell’Lgbt non vedono le forche in Iran o i gay lanciati dai palazzi di Raqqa.
Giulio Meotti, Il Foglio, 23/01/2016

 

 

 

One Response to La sfilata della vergogna gay. Cacciato Israele dal raduno Lgbt

  1. Claudio ha detto:

    Rifiutare Israele da parte dei gay è come prendere una clava e darsela sulla testa! Complimenti ai tanti gay per le battaglie in favore della tolleranza… solo per se stessi ovviamente. (Congratulations to all gays who fight for tolerance… only for themselves… of course!).
    Claudio (gay)

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