[img]/new/e107_images/newspost_images/gesu.jpg[/img]

da Informazione Corretta

[b]le opinioni di Rav Giuseppe Laras e di Giorgio Israel

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 febbraio 2008
Pagina: 19
Autore: Giuseppe Laras-Giorgio Israel
Titolo: «Se la Chiesa chiude il dialogo-Una fede sicura e libera non deve arroccarsi»[/b]

In merito alla preghiera cattolica del venerdì santo, pubblichiamo due interventi. Il primo, di [b]Rav Giuseppe Laras,[/b] dal CORRIERE della SERA del 09/02/2008 a pag.19, dal titolo [b]" Se la Chiesa chiude il dialogo"[/b]. Il secondo, di [b]Giorgio Israel[/b], dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/02/2008, a pag. 19, dal titolo [b]"Una fede sicura e libera non deve arroccarsi "[/b].

[b]Se la Chiesa chiude il dialogo
di Rav Giuseppe Laras.[/b]

Caro direttore, in relazione all'attuale e spiacevolissima vicenda riguardante la preghiera per gli ebrei della liturgia del Venerdì Santo, secondo il vecchio rito latino, il Cardinale Kasper, responsabile del Vaticano per il dialogo con l'Ebraismo, nell'intervista al Corriere svolge alcune considerazioni circa il documento emanato dall'Assemblea Rabbinica Italiana a proposito delle modifiche apportate da Papa Benedetto XVI alla preghiera suddetta. Egli afferma tra l'altro: «Ci si deve accettare e rispettare nelle diversità». Sono pienamente d'accordo, ma non posso fare a meno di chiedermi a quale «rispetto» il Cardinale si riferisca, allorché la parte cattolica definisce l'altra (quella ebraica) bisognevole di salvezza mediante la conversione alla fede in Gesù Cristo Salvatore, che, tradotto in termini più semplici, significa considerare l'interlocutore di fede ebraica detentore di una fede fallace e inconsistente, incapace di salvare.
Il fatto poi che l'invocazione alla conversione degli ebrei venga fatta ricondurre a un testo di Paolo di Tarso (o a una sua particolare interpretazione?) non mi sembra cambiare di molto la realtà delle cose, dato che, comunque, si poteva benissimo impiegare in traduzione latina la formulazione post-conciliare voluta da Papa Paolo VI, scritta in ben altri termini, con ben altro spirito e, soprattutto, con ben altra sensibilità. E si consideri, inoltre, che gli insegnamenti e gli orientamenti post-conciliari tendenti a presentare gli ebrei e l'Ebraismo nella giusta luce non sono ancora, purtroppo, conosciuti sufficientemente dalla maggioranza dei fedeli cattolici. Ma perché, allora, non si è voluto introdurre nel vecchio rito, proprio la formula di Paolo VI, seppur in traduzione latina?
Ce lo dice sempre il Cardinale Kasper: perché l'attuale Papa ha voluto richiamare la centralità di Gesù Cristo. Perché — ed è sempre il Card. Kasper a parlare — non dovremmo poter adottare le formule liturgiche che maggiormente ci aggradano? La risposta potrebbe sembrare ineccepibile, se non ci ricordassimo — cattolici ed ebrei — che oggi, sullo sfondo di qualsiasi nostra possibile considerazione in materia, esiste, ormai consolidato in teoria da decenni, il Dialogo ebraico-cattolico.
Anzitutto, è bene ricordare che fu la «politica delle conversioni forzate», assieme alla denuncia della «perfidia giudaica », entrambe infelicemente sintetizzate proprio nell'antica formulazione di questa preghiera, a consolidare le basi dell'«insegnamento del disprezzo » e a instaurare così nei fedeli sentimenti antisemiti. Si tratta cioè di una formula liturgica che appartiene alla «macchina» dell'armamentario teologico antigiudaico che ha contraddistinto, fino al Concilio Vaticano II, buona parte della teologia cattolica ufficiale.
Si immagini, poi, in via del tutto ipotetica, in analogia con la situazione di cui ora si discute, che gli ebrei svilissero la fede cristiano-cattolica e si mettessero a pregare perché «Dio illumini i credenti di tale religione, in modo che essi si convertano al più puro monoteismo di Israele». Dove si andrebbe a finire con un tale modo di pensare e di agire? Si giungerebbe soltanto all'inasprimento dei vicendevoli rapporti, all'inevitabile allontanamento gli uni dagli altri, alla definitiva compromissione del Dialogo.
Si vuole questo? Che si insista allora su questa linea, che non potrà non portare altro che al naufragio del Dialogo e alla dissipazione di un patrimonio, di incommensurabile valore, fatto di passione, sentimento, impegno morale e intellettuale, sforzi reciproci volti all'avvicinamento dei cuori, con buona pace di Jules Isaac, del Cardinale Agostino Bea, di Martin Buber e di Avraham Yehoshua Heschel, e, in tempi più recenti, di Papa Giovanni Paolo II, di Elia Kopciowski e di Elio Toaff, della Comunità di Sant'Egidio, del Cardinale Carlo Maria Martini, di Paolo De Benedetti e di molti altri ancora.

[b]Giuseppe Laras [/b]
Presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana
[b]
Una fede sicura e libera non deve arroccarsi[/b]
[b]di Giorgio Israel[/b]

Caro direttore, Non debbo esibire credenziali avendo preso ferma e ripetuta posizione — su questo giornale e altrove — contro la pratica e la teoria delle conversioni forzate degli ebrei e il cosiddetto «insegnamento del disprezzo ». Una volta rimosso questo armamentario e il suo cardine, la «teologia della sostituzione» — ovvero la tesi secondo cui l'elezione di Israele è stata revocata e sostituita con quella conferita alla Ecclesia cristiana— cosa resta? Certamente il diritto di credere nella verità della propria fede. Come ha affermato il rabbino David Berger, purché i cristiani non denigrino l'ebraismo hanno il diritto di affermare che l'ebraismo sbaglia attorno a questioni centrali come quella della divinità di Gesù; ed è valido il diritto simmetrico. Essi — osserva Berger— hanno anche il diritto di aspirare a che gli ebrei riconoscano la divinità di Cristo alla fine dei giorni e di affermare che la salvezza è più difficile per chi non è cristiano. Secondo Berger, la posizione ratzingeriana, in quanto evita un «doppio standard », è più rispettosa per l'ebraismo di molte altre.
Al contrario, secondo il rabbino Laras riaffermare che la verità sta in Gesù Cristo implica lo screditamento dell'ebraismo come fede fallace. Ma, se la Chiesa riconosce che l'ebraismo è la base solida su cui poggia il Cristianesimo, non si può negarle di ritenere che il cristianesimo costituisca un passo in avanti, come non si può negare agli ebrei il diritto di rifiutare tale passo. Proprio in quanto la questione della divinità di Gesù è il nodo cruciale di divergenza, è su di essa che si misura un dialogo franco e onesto, come quello tra Benedetto XVI e il rabbino Neusner. Invece, posizioni come quella di Laras servono soltanto a dare argomenti a chi sostiene che le religioni sono intrinsecamente intolleranti e non riescono a parlarsi se non imponendo all'interlocutore di piegarsi al suo punto di vista o, nel migliore dei casi, di tacere le divergenze in quanto offensive. Dice Laras: cosa succederebbe se gli ebrei trattassero in modo simmetrico la fede cristiana? Lo fanno. Lo facciamo. Non ho bisogno di insegnargli che le preghiere ebraiche sono (inevitabilmente) intrise della convinzione di possedere il vero e la vera elezione. Quanto alla conversione, gli ebrei non la cercano soprattutto per specifiche contingenze storiche. Nel passato vi sono state conversioni anche massicce all'ebraismo, a meno di non credere alla favola che gli ebrei sono i discendenti geneticamente puri dei 600.000 che ricevettero la rivelazione al Sinai.
Tolte le conversioni forzate e l'insegnamento del disprezzo, che danno può venire da una preghiera per la salvezza degli ebrei, se non ispirata da malanimo e accompagnata da coercizione? E perché temere il desiderio di conversione? Mio padre — uomo tanto laico quanto di fede solida — fu invitato da un prete cattolico a un confronto con intento di conversione. Accettò e trascorse due giorni con lui. Poco ci mancava che le cose andassero all'inverso… Una fede sicura e libera da costrizioni non ha bisogno di arroccarsi, come non si ritrassero dal confronto i grandi maestri dell'ebraismo medioevale persino quando i tentativi di conversione erano sostenuti dalla violenza. L'interruzione del dialogo propugnata dal rabbino Laras è regressiva e pericolosa, e avrebbe senso soltanto per una fede traballante e svuotata. Poiché questo non è il caso è da augurarsi la scelta di un atteggiamento più riflessivo e razionale.

[b]Giorgio Israel[/b]

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.