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Da Economy, magazine economico di PANORAMA, del 17 aprile 2008

Lo slogan è quello di "promuovere la pace tra l'ambiente e i mezzi di
trasporto". Il progetto si chiama "Un posto migliore". L'idea è di far
diventare l'automobile, elettrica, come un telefonino: ricaricabile o in
abbonamento il servizio, gratis l'hardware.

Lo sponsor istituzionale è lo stato di Israele che entro il 2012 vorrebbe
fare in modo che la maggior parte dei propri cittadini si converta all'auto
elettrica di modo da non dovere dipendere più dal petrolio arabo.
E le due marche automobilistiche che hanno aderito con entusiasmo, mettendo
disposizione i propri modelli e i prototipi (oltre a un po' di ulteriori
soldi per la ricerca), sono la Renault e la Nissan.
Si chiama invece Shay Agassi l'inventore del "Project better place" che ha
l'ambizione di rivoluzionare tutti i rapporti fra l'uomo e l'automobile.
A cominciare dai prezzi di vendita. L'auto infatti, nell'immaginazione di
questo ricercatore noto per le proprie battaglie ambientaliste (e che nel
tempo perso tiene un blog in cui discute con i propri fan le invenzioni e le
esperienze fatte negli anni), non dovrebbe più essere venduta come merce ma
come servizio.
Come per i telefonini che le varie marche danno gratis all'utente in cambio
della firma di un contratto poliennale. Si paga il consumo e la ricarica
energetica secondo un parametro sui chilometri che si percorrono.
Come in una specie di leasing futuribile. E quando si arriva al tempo
massimo di vita previsto per il motore elettrico in questione si ritira
un'automobile nuova. Nessuno si sbilancia sui costi visto che il progetto
andrà a regime dopo il 2012, ma gli interessati fanno capire che il servizio
potrbbe costare meno della rata di finanziamento per comprare un automobile:
tra i 120 e 300 euro al mese a seconda dei modelli.
Il governo israeliano presieduto da Ehud Olmert e il capo dello stato Shimon
Peres hanno dato l¹annuncio lo scorso 21 gennaio quasi con accenti
trionfalistici: per loro la corsa contro il tempo che prevede un
finanziamento di oltre duecento milioni di dollari al famoso scienziato
ecologista è anche una questione di sicurezza nazionale.
Vivere infatti con intorno paesi potenzialmente ostili come Egitto, Arabia
Saudita, Libano e Giordania (contro i quali in un passato abbastanza recente
si sono combattute e vinte ben cinque guerre, senza contare la attuale
minaccia che viene dall'Iran e dalla Siria oltre che dai territori
palestinesi che tardano a diventare uno stato, possibilmente "non canaglia")
e dovere contemporaenamente dipendere energeticamente da loro può alla lunga
diventare una contraddizione insostenibile per Israele.
Di qui l'afflato pionieristico nel progettare non semplicemente un motore
elettrico per due marche di auto che ci mettono la carrozzeria e qualche
altra decina di milioni di dollari per finanziare la ricerca, ma un vero e
proprio "sistema alternativo di trasporti e di vita". Che non a caso prende
il nome di "project better place".
Le macchine elettriche nei piani dell'imprenditore e "inventore seriale"
Shay Agassi, ebreo americano, dovrebbero andare avanti con batterie
ricaricabili agli ioni di litio. Chi le compra, in realtà compra un
contratto e acquista anche il diritto di servirsi gratis o con poco sforzo
economico dei centri in cui le macchine vengono ricaricate, riparate o
sostituite.
Si calcola che i centri, che sono vere e proprie stazioni di servizio,
possano costare due o tre milioni di dollari l'uno e con questo primo
investimento di duecento milioni di dollari Israele ne potrebbe finanziare
una cinquantina.
Con la meta di fare diventare tutto lo stato di Israele una sorta di
laboratorio di questo new deal ambientale. E infatti nei prossimi anni verrà lanciata
una massiccia campagna di incentivi a cambiare le proprie auto con auto
elettriche a colpi di detrazioni fiscali. Inoltre il modello di vita
innovativo proposto da Agassi, che si acquista insieme all'auto elettrica
targata Nissan o Renault, prevede una quota mensile di spesa che poi si
potrà ulteriormente dedure dalla dichiarazione dei redditi.
Si pagherà in proporzione ai chilometri fatti con il contratto paragonabile
alla carta ricaricabile di un cellulare, oppure con un chilometraggio
forfaittario previsto da varie forme di abbonamento. Anche qui ne più né
meno di quanto già non avvenga in tutto il mondo sempre nel pianeta dei
telefonini.
I prezzi come si diceva dovrebbero oscillaree tra i 120 e i 300 euro al mese
con possibilità alla scadenza del contratto di avere un nuovo modello di
macchina esattamente come già avviene con il cellulare.Solo che il costo
copre anche il carburante elettrico.
Ovviamente il "project better place" prevede l'allestimento futuribile, a
spese dello stato ebraico, di centinaia, se non migliaia, di infrastrutture
simili a stazioni di servizio dove potrà essere ricaricata l'auto elettrica,
sia sull'autostrada sia in città, e dove avverranno gratis le eventuali
manutenzioni comprese nell'abbonamento.
E' chiaro il motivo per cui Israele fa molto volentieri da cavia a questo
progetto innovativo, visti i vicini che si ritrova. Ma deve essere
altrettanto chiaro che se la cosa funzionerà non si fermerà a Gerusalemme o
a Tel Aviv. Alcuni altri paesi si sono già fatti avanti con Agassi
chiedendogli di esportare il "project better place" anche ad altre
latitudini. Fra questi l'India e la Cina che per problemi ambientali e di
bilancia commerciale sono sempre più restii a entrare nel gioco al rialzo
dell'Opec.
Inoltre l'elettricità che servirà a ricaricare i motori progettati da Agassi
(e sistemati nei modelli forniti da Renault e Nissan) verrà quasi tutta
prodotta con fonti alternative come il solare. Altro campo in cui lo stato
ebraico è all'avanguardia nel mondo grazie ai pannelli che vengono prodotti
nelle fabbriche locali e poi piazzati a produrre energia nell'assolatissimo
deserto del Neghev.
Il lato B della faccenda? Che, se questa idea funzionerà e sarà esportata
nel resto del mondo, sarà sicuramente promossa "la pace tra i mezzi di
trasporto e l'ambiente", come recita lo slogan, ma in compenso, tra
l'Occidente e i paesi arabi e islamici che vivono di petrolio, potrebbe
invece incominciare una nuova "guerra di civiltà".

 

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