http://digilander.libero.it/parasha/archivio%2061/6104.htm

[1] “Ed avvenne, dopo queste parole, e D-o mise alla prova Avraham e disse lui: ‘Avraham’. E disse: ‘Eccomi.’.” (Genesi XXII, 1)

[2] “Ed avvenne, dopo queste parole, e fu narrato ad Avraham dicendo: ‘Ecco anche Milcà ha partorito dei figli a Nachor tuo fratello, Uz il primogenito e Buz suo fratello e Kemuel padre di Aram. E Chesed e Chazò e Pildash e Idlaf e Betuel. E Betuel ha generato Rivkà, questi otto ha partorito Milcà a Nachor fratello di Avraham. (Genesi XX, 20-23)

Fiumi di inchiostro sono stati scritti sull’episodio della “Legatura di Izchak” e si tratta in effetti di un vero e proprio pilastro della cultura ebraica. I nostri Saggi si sono soffermati particolarmente sull’espressione con la quale si apre il racconto: ‘Acharei HaDevarim HaElle’. ‘Dopo questi fatti’ o, secondo il senso letterale a cui fa poi riferimento il Midrash e che abbiamo preferito nella traduzione, ‘Dopo queste parole’.

Il Rav Kuk in Olat Reià, così commenta il verso introduttivo dell’episodio. “Dopo questi fatti – Il grande evento che è divenuto il fondamento dell’innalzamento spirituale dell’intera umanità, che è la prova della legatura, che ha operato per portare alla luce della vita il volo dello spirito più santo che è attaccato nel D-o Vivente con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutte le sue forze – tutto ciò che è ha passato quel Giusto dal giorno della sua creazione ed in maniera più generale tutto ciò che ha passato l’intera creazione è stata una preparazione in vista di questo temibile evento che da una forma straordinaria e splendente a tutto l’Universo, tanto che c’è una relazione tra tutti questi [fatti accadutiti sin dalla creazione] e questo fatto straordinario, che posso essere uniti nel dire: Dopo questi fatti.”

Dunque per il Rav Kuk è tale l’importanza della “Legatura di Izchak” che tutta la storia del mondo non è stata che una preparazione in vista di quell’evento. Quindi il rapporto di casualità che sembrerebbe indicato dal testo , ‘Dopo questi fatti’, va inteso come se tutto quanto ha narrato la Torà sino ad ora confluisca nella prova della Legatura. Il Midrash però, basandosi sulla lettera del testo, intende il verso in questione come: ‘Dopo queste parole’. Il Midrash intende che il Testo abbia celato un discorso che è causa immediata dell’episodio della Legatura e propone tre possibili versioni (Bereshit Rabbà LV).

§ Avraham si interroga sul proprio comportamento. Nel verso precedente Avraham offre un banchetto per lo svezzamento di Izchak (che aveva due anni). L’episodio della Legatura avviene quando Izchak di anni ne ha trentasette, dunque trentacinque anni dopo. Il Midrash riempie lo spazio di trentacinque anni che separa due versi contigui con una domanda di Avraham: ‘Sono stato felice ed ho reso felici gli altri [con il banchetto] e non ho separato per il Signore né un bue né un montone.’ Iddio gli risponde: ‘Io ti comando di offrirmi tuo figlio e tu non impedirai la cosa’

§ La seconda ipotesi ripropone il primo scenario ma fa formulare la domanda agli angeli anziché ad Avraham.

§ L’ultima ipotesi è che si tratti di una discussione tra Izchak ed Ishmael. Izchak si vanta della sua integrità per essere stato circonciso a otto giorni ed Ishmael risponde che lui si è circonciso ad un’età ( tredici anni) nella quale avrebbe potuto rifiutarsi. Izchak dice che se il Signore gli ordinasse di mutilarsi lui lo farebbe istantaneamente.

Un elemento accomuna le tre versioni del Midrash. In tutti e tre i casi l’uomo (Avraham o Izchak) sente la necessità di essere messo alla prova. Vuole un’occasione per dimostrare il suo livello. In qualche modo sia Avraham che Izchak si interrogano sul loro effettivo livello e viene l’episodio della Legatura a rispondere ai loro interrogativi. Ma questa prova non è fine a se stessa né si riferisce solamente ad Avraham ed Izchak. Il Midrash lo spiega in maniera straordinaria: “Ed avvenne dopo queste parole e D-o mise alla prova Avraham. È scritto ‘Hai dato ai tuoi tementi una bandiera da sventolare…’ (Salmi 60,6), prova dopo prova e incremento dopo incremento per provarli nel mondo e per innalzarli nel mondo come la bandiera di una nave. E tutto ciò perché? Che se dovesse dirti un uomo ‘[Iddio] fa arricchire chi vuole arricchire, chi vuole lo fa impoverire, chi vuole lo fa re, Avraham quando ha voluto lo ha fatto re, quando ha voluto lo ha fatto ricco, tu puoi rispondergli e dirgli: ‘Ma tu puoi fare quello che ha fatto Avraham nostro padre?’ E lui dirà: ‘Che ha fatto?’ E tu gli dirai: ‘ ‘E Avraham aveva novanta anni quando gli nacque …’ e dopo tutto questo dolore gli viene detto: ‘prendi tuo figlio, il tuo unico e non ha ostacolato’ . Ecco che ‘Hai dato a coloro che ti temono una bandiera da sventolare.” (Bereshit Rabbà LV)

La prova di Avraham diventa quindi la dimostrazione che D-o non agisce in maniera arbitraria con il mondo ma anzi mette alla prova le persone e le ricompensa in base al loro comportamento. Ciò non va inteso alla lettera giacché buona parte delle assicurazioni date ad Avraham si materializzano solo con i suoi figli, ma certamente nel conto generale del Signore (che comprende sia questo mondo che quello futuro), nulla viene tralasciato. Lo Sfat Emet ragiona sul significato della parola ‘nes’. (Bereshit, Vaierà 5639) In ebraico ‘nes’ significa miracolo, bandiera, ma è anche la radice della parola ‘nissaios’, prova. Che legame c’è tra le cose? Nella Mishnà, al quinto capitolo del trattato di Avot, i Saggi mettono in relazione i ‘gruppi di dieci’ della storia: i ‘dieci detti’ con i quali è stato creato il mondo, le dieci generazioni tra Adam e Noach e tra Noach ed Avraham, le dieci prove di Avrhaham , le dici piaghe, le ‘dieci parlate’ del Sinai ed i dieci miracoli che avvenivano nel Santuario. Lo Sfat Emet mette in relazione i ‘dieci detti’ con i quali è stato creato il mondo e le dieci prove che ha passato Avraham. Ossia così come il mondo si regge sulle dieci espressioni dette da D-o nella creazione, allo stesso modo il popolo d’Israele si fonda sulle dieci prove di Avraham. (E non dimentichiamo che il Midrash dice che il mondo è stato creato per Avraham, cfr. Rashì ‘BeHibbaream’). Dunque il legame vale anche per i successivi ‘gruppi di dieci’. Le dieci piaghe, le dieci parlate ed i dieci miracoli si basano sulle dieci prove di Avraham e lo Sfat Emet sostiene che la radice comune delle parole vuole sottolineare che prove come quelle di Avraham sono realmente dei miracoli. Ossia sono la rottura della routine, della natura, che ci viene richiesta. Solo se si sanno affrontare le dieci prove di Avraham si possono meritare le dieci piaghe (I saggi dicono che erano piaghe per l’Egitto e miracoli per Israele) e i dieci miracoli del Santuario.

Quanto alla bandiera si tratta del fatto che una prova, così come un miracolo hanno un senso se c’è qualcuno che può imparare da essi. ‘Chi riceve (lett. è padrone) un miracolo non riconosce il proprio miracolo)’ dicono i Saggi nel Talmud e Rav Mordechai Elon spiega che per capire il senso di ciò basta leggere bandiera invece di miracolo. Pensiamo ad un esercito che va in guerra preceduto dal portabandiera, ebbene tutti vedono la bandiera, il ‘nes’, tranne colui che la porta. Il miracolo e la prova sono finalizzati a far capire al prossimo. Avraham in questo senso non ha capito le proprie prove come le capiamo noi né i nostri padri nel deserto hanno capito l’uscita dall’Egitto come la capiamo noi ed è per questo che siamo noi che abbiamo l’obbligo di narrare dell’uscita dall’Egitto.

Secondo alcuni usi (tra cui quello spagnolo) si legge il passo della legatura di Izchak tutte le mattine. E forse ciò è testimonianza di quanto detto prima: siamo noi che dobbiamo vedere il ‘nes’, non Avraham. La nostra Parashà, in maniera molto curiosa, si conclude con un verso che ricorda molto l’inizio della legatura. Ed avvenne, dopo queste parole, e fu narrato ad Avraham dicendo. Quali parole? Anche qui il Midrash propone due possibilità:

§ Avraham si rende conto che se Izchak fosse morto non avrebbe lasciato figli. È ora di farlo sposare ma se prima andava molto per il sottile nella scelta di una degna sposa ora era portato a farsi andar bene le figlie dei suoi amici: Aner, Eshkol e Mamrè le quali, pur giuste, non erano di buona famiglia. Iddio lo rassicura facendogli sapere che è già nata Rivkà che è destinata ad Izchak.

§ Avraham ha paura delle privazioni. Iddio gli risponde dicendo stai tranquillo che già è nato colui che prenderà su di se le privazioni: Uz. Infatti secondo Resh Lakish a nome di Bar Kaparà, Jov visse all’epoca di Avraham e ciò lo si impara dal fatto che il testo dice che: “C’era un uomo nella terra di Uz, Jov era il suo nome, ed era quell’uomo integro e retto e temente del Signore e lontano dal male.”

Questa seconda versione è apparentemente assurda. Solo perché uno dei nipoti di Avraham si chiama come la terra nella quale viveva Jov, come si fa a mettere in relazione i due casi? Il punto è che nulla è un caso nella Torà. Per capire il senso di quanto detto dal Midrash dobbiamo capire la differenza che c’è tra Avraham e personaggi come Jov o come Noach. Lo Sfat Emet (Noach 5654) ricorda che Noach era nato circonciso. Noach è colui che procedeva con il Signore. Di Avraham al contrario è innanzitutto colui che procede dinanzi al Signore, e solo dopo gli viene data la milà. Avraham è colui che conquista la sua osservanza, Noach nasce integro. Questo è , secondo lo Sfat Emet, il motivo per cui Avraham ha il potere di salvare altre persone (Lot) mentre Noach non salva nessuno dal diluvio. Avraham è la dinamicità è la conquista del proprio attaccamento a D-o, Jov, un po’ come Noach, è un giusto a priori. Ed è ai giusti a priori che Iddio destina le privazioni. Gli ‘issurim’ le privazioni sembrerebbero essere prerogativa di colui che è già giusto laddove chi deve dimostrarsi giusto ha davanti a se le prove Avraham dopo aver fornito ai suoi figli la bandiera per la comprensione del significato della prova, dell’essere continuamente alla ricerca di migliorarsi al servizio Divino, teme di dover dimostrare anche l’opposto. È vero che Iddio premia chi se lo merita ma si tratta di una matematica della quale noi non conosciamo le regole. Il Midrash dice che il Satan chiede ad Avraham se è disposto ad offrire Izchak se poi dopo Iddio lo accusa di omicidio! Ed Avraham risponde di si. È della sofferenza incomprensibile del giusto, l’altra faccia delle prove di Avraham, della quale i patriarca ha paura. E Iddio gli spiega che per lui basta così. Ha insegnato al mondo che tutto si basa sulle nostre azioni. Jov dovrà spiegare la lezione numero due. Non bisogna avere la pretesa di capire la matematica della ricompensa Divina. La bandiera di Avraham è la bandiera che il popolo d’Israele si porta appresso sin d’allora. La dimostrazione pratica della totale sottomissione al volere Divino. La dimostrazione del fatto che si può battere l’istinto del male. La dimostrazione che c’è un solo metro per giudicare una persona: le sue azioni. Ed eccolo Avraham separarsi da Izchak appena dopo la Legatura. È ora che il ragazzo abbia un Maestro. Ed il padre non può sostituire il Mastro.

Izchak va in Yeshivà a studiare da Shem ed Ever ed Avraham torna dai suoi alunni.

“E tornò Avraham dai suoi ragazzi, e si alzarono ed andarono insieme a Ber Sheva, e risiedette Avraham a Ber Sheva.” (Genesi XXII,19)

Concludiamo con quanto dice il Rav Kuk a proposito: “E tornò Avraham dai suoi ragazzi- dopo tutto quell’innalzamento eccelso che aveva passato la sua anima, non ha neppure pensato di separarsi da quella grande dimensione dell’influenza sul mondo e sulla società, con tutta la sua materialità. Egli torna dai suoi ragazzi, secondo la loro situazione, gli stessi ragazzi che aveva lasciato con l’asino, torna da loro per insegnargli, per innalzarli e per migliorarli.” (Olat Reià)

La dimostrazione che dopo aver toccato il cielo bisogna saper scendere e spiegarlo ad un bambino. La vera prova comincia ora.

Shabbat Shalom,

Jonathan Pacifici

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.