Testata: Informazione Corretta Data: 24 novembre 2012 Autore: Giovanni Quer.

Analisi di Giovanni Quer.

 
Sopra: Giovanni Quer. A sinistra: una caricatura di Maometto.
Nella tradizione occidentale sono varie le ragioni per l’uso delle armi e tutte basate su una concezione nazionale dei combattenti e sulla considerazione della sovranità del territorio (tra cui autodifesa, mire espansionistiche, liberazioni e rivendicazioni territoriali, intenti genocidi).
Nella tradizione islamica, la guerra è uno strumento principalmente legato all’identità religiosa, per cui la conquista di nuove terre e popolazioni risponde all’imperativo espansionistico (jihad) delle frontiere della comunità dei fedeli. Da tale fondamentale differenza seguono distinzioni dei concetti giuridici di guerra e pace necessarie a interpretare i conflitti tra musulmani e non-musulmani.
I due stati di “pace” e “guerra” corrispondono a “salam” e “harb”, ma mentre salam è una parola dalle connotazioni religiose che è tradizionalmente usata solo in riferimento alla comunità musulmana, il termine per “assenza di conflitto” è “sulh”. In epoca moderna “salam” è stato usato con lo stesso significato occidentale di “pace”, ma i movimenti islamisti come Hamas preferiscono adottare il linguaggio tradizionale abbracciando l’interpretazione più ortodossa.
“Harb”, guerra, designa le ostilità tra una comunità musulmana e una comunità non musulmana, che, in virtù del jihad, dev’essere soggiogata. Tra guerra e pace esistono condizioni intermedie, tra cui “hudna”, “tahdi’a” e “ahd” o “sulh”, egualmente riferite nelle lingue occidentali come tregua, armistizio o “cessate il fuoco”.
La hudna ha origine coranica, e indica la tregua stabilita da Maometto con i governatori non-musulmani della Mecca, ancora inconquistabile. I giuristi ritengono che la hudna (letteralmente “stato di quiete”) sia possibile durante un conflitto con un non-musulmano quando il musulmano è in posizione di inferiorità, risultando quindi una sola cessazione tattica delle ostilità per continuare la guerra dopo riorganizzazione e riarmo.
Prima di arrivare ad una hudna ci possono essere dei periodi di minore intensità del conflitto, tahdi’a, prodromi alla negoziazione del cessate il fuoco temporaneo.
Quando invece il governo musulmano stringe rapporti con il governo musulmano allora si parla di ‘ahd o sulh, per cui è tollerata la sovranità non musulmana in cambio di benefici economici e di una tutela e autonomia della minoranza islamica in terra governata dagli infedeli.
Nella tradizione occidentale il “cessate il fuoco” (hafsakat esh, in ebraico) è una condizione per un percorso di negoziazione che porta ad un “armistizio” (shvitat nesheq, in ebraico), ossia un accordo sulla cessazione del conflitto armato che solitamente porta ad un accordo di pace (heskem shalom, in ebraico)—anche se non sempre, come il caso di Libano, Siria e Israele. La pace invece è il mutuo riconoscimento di sovranità, legittimità e rapporti diplomatici, economici e culturali.
Nella visione del mondo di Hamas, che è quella più tradizionalmente islamica, l’esistenza di Israele è un motivo di jihad per la liberazione delle terre musulmane, con cui non è possibile un accordo momentaneo né duraturo poiché lo Stato d’Israele rappresenta (caso unico nella storia) la perdita di sovranità su terre storicamente musulmane in favore degli ebrei.
La “tregua” tra Hamas e Israele è infatti definita tahdi’a nei giornali palestinesi, non “hudna” (come successivamente al 2009), e non lascia spazio a negoziazione di pace.
L’ebraico e l’inglese parlano degli stessi concetti: definizione di interessi condivisi e negoziazioni sulle condizioni di una pace. L’arabo invece parla di una storia legata a un perenne scontro tra Islam e infedeli inframmezzato da brevi o meno brevi tregue.
Se due contendenti parlano lingue diverse si può trovare un interprete; ma se due contendenti usano le stesse parole che si riferiscono a concetti diversi, è ben difficile che si possa raggiungere quella “soluzione duratura e sostenibile” che le diplomazie occidentali vogliono artificialmente creare.
 

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