richetti

 

 

 

Questa è una storia di tanti anni fa. È la storia di un ebreo che, come tanti altri ebrei, braccati da ogni parte – quelli non ancora presi – cercava disperatamente un rifugio. Chiede aiuto a un amico, il quale gli fa presente i rischi a cui si espone aiutandolo, ma accetta comunque di accoglierlo e ospitarlo per qualche giorno. Quando esce gli lascia le chiavi di casa, in modo che possa chiudere dall’interno e avere la possibilità di uscire, se dovesse capitare qualche imprevisto. Si accordano che, se ciò dovesse accadere, lascerà la chiave sotto lo zerbino; quanto a lui, l’amico, quando tornerà busserà in un certo modo concordato e l’ebreo aprirà.

Qualche giorno dopo, mentre l’ebreo è solo in casa, arriva alla porta la bussata convenzionale. L’ebreo apre, e si trova di fronte un ufficiale delle SS: «Il suo amico l’ha tradita. Fra dieci minuti verrà una camionetta a prenderla, arriverà da sinistra.»

Allibito, l’ebreo chiede: «Ma… lei perché è venuto ad avvertirmi?»

«Perché certe cose mi fanno schifo. Si sbrighi a sparire.»

Ha girato i tacchi e se n’è andato. L’ebreo, naturalmente, ha preso immediatamente la fuga, andando verso destra. Ed è stato così, grazie all’ufficiale delle SS, che l’ebreo è sfuggito alla cattura. E che è arrivato vivo alla fine della guerra. È stato grazie all’ufficiale delle SS che qualche anno dopo ha potuto vedere la luce il figlio dell’ebreo, Elia, e poi i figli di Elia e oggi i nipoti di Elia, perché sì, in questo nostro strano mondo a volte può persino accadere che la luce della salvezza arrivi dritta dall’inferno.

Testimonianza pubblicata con l’autorizzazione del diretto interessato, rav Elia Enrico* Richetti, ex rabbino capo di Venezia, attuale Presidente dell’Assemblea

Rabbinica Italiana.

(*Enrico è il nome dello zio che di luci, sulla propria strada, non ne ha incontrate)
barbara

 

 

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