3 Aug 2015
Ariel Shimona Edith Besozzi

Carissimo Amico,

sono tempio duri ed assai dolorosi per tutti noi, dopodomani partiremo per Gerusalemme, andremo a studiare e credo tu sappia quanto per me questa sia una meravigliosa e tanto desiderata condizione. Si tratta di due settimane faticosamente strappate al lavoro, che affronto con un grado di stanchezza che mi disturba perché avrei voluto dedicare a questa opportunità il meglio di me stessa…
Tant’è, per me davvero il lavoro rappresenta libertà e fatica nella stessa misura, tanta gioia e tanto, tantissimo impegno per non cedere.

In merito a ciò che scrivi e che accade, in larga parte sai che condivido, in parte non del tutto.
L’unica cosa che mi chiedo e che ti chiedo è se davvero credi che le azioni compiute dai terroristi in Israele, quelli che tu giustamente definisci “ gentaglia”, che fa certamente male agli ebrei di tutto il mondo con il loro comportamento, davvero credi forniscono agli antisemiti argomenti e nuove armi da usare contro gli ebrei ? Davvero credi che per gli antisemiti faccia la differenza come ci comportiamo?
Uso il NOI perché condivido il senso di RESPONSABILITA’. Li sento altri, LORO (i terroristi che hanno compiuto questi atti terribili ed ingiustificabili!), nel momento in cui dico che non dobbiamo lasciare che questi comportamenti entrino a far parte di NOI. Ma uso il NOI, includendoli quando ragiono sugli antisemiti, perché per questi NOI, ebrei tutti, siamo marci e sbagliati a prescindere.
A questo si somma un altro aspetto sul quale mi ha fatto riflettere un’amica, il fatto che ci scandalizzai maggiormente e ci faccia più paura quando accade che sia un ebreo a compiere un attentato terroristico. Il fatto che noi tutti, ebrei e non sembriamo “abituati” agli attentati terroristici compiuti dagli islamici (palestinesi e non solo).
Perché ?
Mi vengono alcune considerazioni, che condivido e ti porgo perché naturalmente non possono esserci risposte definitive.
La prima è che, giustamente la nostra storia di popolo e di nazione, la nostra etica (che si radica nella Torah ed in tutta la tradizione orale), ci forniscono strumenti perché questo non accada e che quando accade ci fornisce gli strumenti per rigettarlo, per fare autocritica, per correggere, per riparare nel senso di fare tikkun anche se questo è più individuale che collettivo, forse, credo sia un processo che ci coinvolge, come popolo, come nazione. Che ci sta ora chiamando ad una profonda e radicale autocritica.
La seconda è che in parte ci consideriamo in dovere di essere “migliori” e questo ti confesso se da un lato mi piace perché diviene stimolo a pretendere da sé sempre più, dall’altro non mi piace perché riconosco che ogni essere umano è ad immagine di D-o ed in quanto tale unico ed indispensabile, sempre. Quindi, forse noi dobbiamo pensare a noi stessi come pensiamo agli altri e capire che non siamo meglio e che possiamo pretendere da noi stessi di più ma non è accusando qualcosa o qualcuno che è dentro/fuori di noi (la destra, il governo Netanyau, i coloni, gli ultra-ortodossi…oppure la violenza che subiamo, i continui attacchi terroristici…) che risolviamo il problema, lo risolviamo, possiamo provare a farlo, se affrontiamo il fatto che dentro ognuno di noi, individuo o popolo, alberga quella tendenza al male che dobbiamo combattere. Quindi senza scaricarci la coscienza, su altro o altri (fuori o dentro di noi) semplicemente facciamo silenzio e con umiltà combattiamo, ognuno in sé prima, ogni nazione in sé poi.
La terza ed ultima cosa è quale standard utilizziamo noi (e con noi anche gli antisemiti) per valutare le azioni compiute da noi, da noi ebrei? Vengono utilizzati gli stessi standard per valutare la azioni compiute dagli altri, che “altri” siano gli arabi, i cristiani o altre nazioni? Ovvero, uso un esempio non mio ma che chiarisce bene, pensiamo a ciò che presuppone la classica domanda che viene posta quando si va a parlare della Shoah “come mai proprio voi che avete subito la Shoah fate ora cosa atroci ai palestinesi?” (non approfondisco la distorsione delle dimensioni perché so che a te è evidente, le due cose non sono neppure vagamente paragonabili, ma nella mente di molti ciò avviene ormai sempre più spesso purtroppo!). Ciò che sottende questa domanda è l’idea che noi ebrei avendo sopportato l’atrocità della persecuzione e dello sterminio non possiamo che essere buoni…
Però se domandiamo alla stessa persona che ha posto questa domanda cosa ne pensa del terrorismo palestinese spesso ci sentiamo rispondere “ma poverini, sono stati trattati talmente male da Israele (dagli ebrei), hanno tanto sofferto, (cosa assolutamente falsa nei termini in cui viene posta!) che è normale che reagiscano con il solo modo che hanno, uccidendo!” . Sembrerebbe quindi che la sofferenza e la persecuzione legittimino la reazione violenta e radicale di chiunque tranne che degli ebrei. Dobbiamo quindi presumere che gli ebrei siano considerati, più o meno consciamente, sacrificabili e che quindi gli ebrei non possono reagire come reagisce chiunque, ma solo facendosi massacrare ancora? Possiamo rintracciare in questo pensiero alcuni elementi del tradizionale pensiero antigiudaico e del conseguente antisemitismo ora trasformato in antisionismo?
Perché ciò che diviene “attenuante” per altri risulta essere “aggravante” per il popolo ebraico?
A me sembra evidente che questo corto circuito, non possa porre le basi per un ragionamento sul quale costruire una soluzione che non può prescindere dall’assoluta condivisione della lotta al terrorismo, con tutte le società civili del mondo, qualsiasi sia la sua matrice!
C’è un dato del quale mi ostino a voler tenere conto, Israele, nonostante tutte le guerre, nonostante la gravità degli avvenimenti recenti, è rimasta e rimane una democrazia. Mostra di avere la capacità di rigenerarsi, di reagire e di lottare contro la tendenza al male. Per tentare di superarlo, con tutto il lavoro che ancora c’è da fare, combatterlo, come mi sembra che si stia facendo sia in Eretz che in diaspora.
Io credo che questo, considerata la situazione nella quale la popolazione vive fin da quando è stato rifondato lo Stato d’Israele, abbia del miracoloso. Per molto, molto, molto meno altri popoli hanno generato il nazismo, il fascismo, la deriva distruttiva del comunismo… Quando dico questo, non giustifico nella maniera più assoluta quanto è accaduto, non credo che Israele sia meglio, semplicemente constato che questa nazione, antica e giovanissima, mostra di avere un carattere forte e positivo e mi ostino ad osservare e raccontare perché sviluppi la propria ostinazione alla vita e non perché si annichilisca sulla morte!
Non si tratta certo di discorsi chiusi, si tratta di ragionamenti aperti… non possiamo assolverci, non dobbiamo assolverci ma certamente nel fare questo non lascerò spazio al pensiero ed all’uso da parte dell’antisemita.
All’antisemita dico di guardare a sé, alla propria capacità di combattere la tendenza al male che ha in sé ed imparare a guardare agli altri, siano essi donne, ebrei, neri… come al senso della meraviglia del creato senza la quale nulla e nessuno avrebbe senso!
Perché dobbiamo sempre ricordare che l’antisemitismo è un problema degli antisemiti, non degli ebrei!!!
Ariel Shimona Edith Besozzi

 

One Response to Lettera ad un amico: Perché ciò che diviene “attenuante” per altri risulta essere “aggravante” per il popolo ebraico?

  1. Claudio ha detto:

    A proposito del grave fatto della recente uccisione di un bambino palestinese da parte di un fanatico assassino ebreo, da non-ebreo mi chiedo (e lo chiedo veramente, nel senso che non sono informato in proposito): quando sono stati uccisi tre ragazzi ebrei (se non sbaglio lo scorso anno), il mondo arabo e i palestinesi in primo luogo, hanno espresso almeno le stesse parole di condanna per l’atto vigliacco, al pari di quanto ha fatto ora Israele condannando ed agendo rigorosamente nei confronti degli assassini dei palestinesi? Non se ne può più di questa generalizzazione delle colpe di singoli ebrei; altrimenti perché non generalizzare quando i palestinesi commettono deprecabili atti di terrorismo? Lo lascia già trapelare l’articolo, ma mi chiedo: non è che si usino (in cattiva fede) due pesi e due misure?
    Claudio

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.