Per Norman Finkelstein, l’attivista e politologo ebreo americano, la mappa in cui è raffigurata la ricollocazione negli Stati Uniti di Israele come risoluzione del confilitto arabo-israeliano postata sul suo account da Nazi Shah la deputata del Labour Party, è “funny”. A Finkelstein, già marxista-leninista negli ardori giovanili e poi maoista, dal 2008 è interdetto per dieci anni l’accesso in Israele, a causa delle sue posizioni di aperta solidarietà nei confronti di Hezbollah e Hamas. Musica già sentita? Sì. Ricorda l’invito fatto dall’attuale segretario del Labour, Jeremy Corbyn  nel 2009 agli “amici” di Hamas e Hezbollah a venire a Westminster per esporre le loro ragioni.

In un recente faccia a faccia sempre a Westminster tra Corbyn e David Cameron, il primo ministro inglese ha chiesto più volte al segretario del Labour di ritrattare il suo endorsement amicale ai due gruppi fondamentalisti antisemiti, senza alcun successo. Corbyn, alle prese con quella che si può con buona ragione definire la “questione antisemita” laburista, dopo il caso Shah le dichiarazioni di Ken Livingstone e la sospensione di cinquanta membri del partito, ha svicolato affermando la sua ripulsa per l’antisemitismo e rivendicando l’istituzione di una commisione di inchiesta. Certo c’è una  certa incongruenza tra dichiararsi contro l’antisemitismo e amici di chi, come Hamas e Hezbollah ha nell’odio per gli ebrei uno dei propri tratti più salienti. La stessa incongruenza che ha portato Finkelstein, figlio di ex sopravvisuti alla Shoah ad abbracciare le “ragioni” degli estremisti antisemiti musulmani. Ma poco importa, quando c’è coerenza ideologica, e il rosso maoista, prima comunista, travasa nel verde dell’Islam. Si trova così ospitalità dentro Il “Partito di Dio” (Hezbollah) e nel “Movimento Islamico di Resistenza” (Hamas). Il termine “resistenza”, nel caso di Hamas, esalta i vecchi rivoluzionari, i cheguevaristi attempati e meno attempati da salotto, li fa sentire automaticamente dalla parte della giustizia, della verità e del progresso, soprattutto quando, dall’altra parte, c’è “l’oppressore” sionista colonialista”, l’usurpatore della terra altrui.

D’altronde l’alleanza rosso-verde è di vecchia data, risale alla  crisi del Canale di Suez. L’Unione Sovietica, con una giravolta di 180 gradi voltò le spalle a Israele decidendo di sposare interamente la “causa” araba e bollò lo stato ebraico come entità “imperialista”. Da qui, al galoppo, si arriva al 1975, quando i sovietici, sempre in combutta con gli arabi, riuscirono a fare passare alle Nazioni Unite la risoluzione che definiva il sionismo una forma di razzismo. Definizione rimasta in auge fino al 1991. L’alleanza marxista-islamista, o in termini oggi più in voga, terzomondista-islamista, dura da tanto e non ha alcuna fretta di dissolvere la propria unione.

Niram Ferretti, L’Informale, 5/05/2016

 

 

 

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.