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“E’ l’ultimo tentativo dei progressisti occidentali di incolpare gli ebrei per le crisi esistenziali del mondo islamico”. Così Leon de Winter, al Foglio, definisce la risoluzione 2334 delle Nazioni Unite che condanna gli insediamenti israeliani e che per la prima volta in quarant’anni è stata lasciata passare dagli Stati Uniti. Leon de Winter è il maggiore scrittore olandese vivente. “Fanno di tutto per tenere in vita l’illusione della soluzione a due stati. Non esiste. In questo momento della storia, non un singolo stato arabo è in grado di trasformarsi in uno stato democratico praticabile con pari diritti ai suoi cittadini.

Ma le élite occidentali vorrebbero costringere Israele a sopportare i fallimenti di un altro stato arabo, il numero ventiquattro, con risultati prevedibili: la guerra, la distruzione, la morte. I progressisti vogliono vedere gli ebrei soffrire e vogliono liberarsi da quello che considerano il ricatto ebreo della storia”. Perché anche solo il nome Israele li manda così fuori di testa? “Israele dimostra che è possibile la creazione di uno stato moderno basato sui valori tradizionali. Israele è sbocciato nonostante l’Olocausto, la mancanza di petrolio, le centinaia di milioni di nemici che lo circondano. Israele non si lamenta del colonialismo o imperialismo o nazionalismo o militarismo. Gli israeliani dimostrano che è falso l’assunto delle ideologie progressiste: alla fine, ciò che rende una società ricca, è che tipo di cultura le persone cercano di difendere. Israele non è definito dalla sua sofferenza o vittimismo, ma dal suo rivoluzionario concetto di un Dio che è giusto e che comunica con l’umanità”.

In Europa vibra il sentimento di separare il destino del Vecchio continente da quello degli ebrei. E’ possibile? “No. Se Israele cade, l’occidente cadrà. Ma le nostre élite rifiutano di riconoscere la radice culturale-religiosa della nostra civiltà. Celebrano il multiculturalismo e negano che le culture e le religioni sono diverse nelle sue idee di base. Se le culture fossero uguali, non ci sarebbe stato alcun movimento nella storia del genere umano. Ma c’è movimento, come tutti sappiamo. Israele esiste nel mezzo del crollo di una civiltà antica, l’islam, i cui concetti e idee sono fatiscenti di fronte alla modernità. Molte altre religioni sopravvivono, ma l’islam, nella sua forma attuale, è un malato terminale, e fintanto che le nostre élite non riconoscono i sintomi, l’occidente sarà influenzato e prenderà la stessa malattia della decadenza”.

 

Ultima domanda. Gli ebrei europei stanno facendo le valigie, di nuovo. “Assistiamo alla fine dell’amore senza risposta degli ebrei per l’Europa”, risponde al Foglio De Winter, che ha perso molti componenti della sua famiglia, gassati a Sobibór durante la Seconda guerra mondiale. “Dopo che le porte del ghetto si sono aperte, hanno provato di tutto per essere uguali tra uguali. Spesso ci sono riusciti. Abbiamo visto incredibili storie di successo degli ebrei nella scienza, nelle arti – ma ormai volge al termine. Gli ultimi ebrei se ne stanno andando, e sono per lo più sostituiti dai musulmani che mancano di questo amore profondo per la cultura europea e portano con sé il risentimento e la rabbia. Si tratta di una tragedia. I miei figli stanno ora studiando in Israele, per loro è un naturale sviluppo, ma per me… sento terribile tristezza. Ho affittato un appartamento a Tel Aviv, una città costruita dagli ebrei tedeschi che amavano la loro lingua così profondamente che essi pensavano di fare del tedesco la lingua ufficiale della loro nuova città e del loro nuovo paese. Temo che l’Europa sarà Jüdenrein nel 2050. Cosa accadrà al cristianesimo in Europa, quando la cultura da cui nacque Gesù sarà stata rimossa dal suolo europeo? Come potranno essere cristiani senza la presenza diretta dell’ebreo accanto a sé? Cosa resterà dell’Europa, quando il cristianesimo morirà?”.

Giulio Meotti, Il Foglio, 30/12/2016

 

 

 

 

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