Fonte:

[b]Da:corriere.it sabato 21 marzo 2009
Scritto da Piero Ostellino [/b]

Sale la marea antisemita. Ma l'antisemitismo è l'anticamera del totalitarismo. Perciò riguarda anche me; che non sono ebreo e neppure cristiano praticante. Si incomincia col perseguitare gli ebrei e si prosegue con l'abolizione delle libertà e dei diritti individuali e la condanna di chi li rivendica.
E' bene che l'Europa, seguendo l'esempio dell'Italia, stia pensando, in assenza di nuovi elementi, di non partecipare alla Conferenza di Ginevra sui diritti umani che già minaccia di essere una «Durban-due», la fotocopia di quella del 2001 dove non si discusse del tema, ma solo di Israele — per chiederne la distruzione — e degli ebrei, per auspicarne lo sterminio.

Indipendentemente dal pericolo — anche per chi ebreo non è — che rappresenta l'antisemitismo, ci sono due ragioni, una di metodo, l'altra di merito, che sconsigliano le democrazie liberali dall'andare a Ginevra. La ragione di metodo è che conferenze siffatte non offrono alcuna garanzia che chi non è d'accordo con la maggioranza (antisemita e totalitaria) abbia la possibilità di far valere le proprie ragioni e, soprattutto, che, a presiedere alla conclusione dei lavori, ci sia un potere «neutro» di garanzia contro ogni tentativo di approvare forme di sopraffazione. Nelle democrazie liberali, c'è l'equilibrio dei poteri: se, per ipotesi, una maggioranza parlamentare impazzisse, e volesse approvare leggi liberticide, oltre all'opposizione, interverrebbe il potere giudiziario (attraverso la Corte costituzionale) a dichiararle illegittime, nonché farebbe sentire la propria voce l'opinione pubblica. Sarebbe ora che le Nazioni Unite prendessero atto di una anomalia che, di fatto, finisce col rinnegare persino i principi stessi che ne hanno ispirato la nascita.
La ragione di merito è che non c'è alcuna possibilità di compromesso fra un fondamentalismo religioso, che nega i diritti individuali, e le democrazie liberali che su quegli stessi diritti hanno il proprio fondamento. Il comunismo era un programma politico che solo per le grandi masse era diventato una religione, mentre era rimasto una laica filosofia della storia per i suoi dirigenti. Perciò, il compromesso, fra comunismo e democrazie liberali, si era rivelato possibile perché, fra concezioni politiche, economiche e sociali pur tanto diverse, una «pacifica convivenza» era nella natura stessa a-religiosa dei due sistemi ed era nei loro stessi interessi.
Il fondamentalismo religioso — che si incarna nell' estremismo islamico — è una religione che è anche un programma politico. Perciò il compromesso, fra l'estremismo islamico e le democrazie liberali, è impossibile perché è nell'inconciliabilità delle «conseguenze sociali e civili » della religione nei due campi che tale impossibilità risiede. Per l'estremismo islamico, rinunciare alle conseguenze sociali e civili della religione equivarrebbe a rinnegare sia la fede sia il programma politico (dall'Ordinamento statuale alla giustizia, dal ruolo delle donne ai rapporti con le altre religioni, eccetera); nelle democrazie liberali, il problema non si pone perché la separazione fra politica e religione è già avvenuta. Noi siamo nella Modernità; loro non ci sono ancora entrati.

postellino@corriere.it

Da:corriere.it

 

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